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Pietro Verri Diario militare IntraText CT - Lettura del testo |
Bautzen, 15 settembre, 1759.
Delle notizie della guerra non mi impegno a scrivervi. Primieramente, son tanti i corpi in moto, Daun, Laudon, De Ville, Buccow, il re, il principe Enrico, i Moscoviti, l'armata dell'Impero; tanti pezzi che giuocano a scacco, io conosco appena i movimenti di quel pezzo in cui sono collocato, né vi potrei dare alcuna idea interessante delle cose attuali. Mi pare di avervi già detto che i generali, gli aiutanti generali fanno venire le gazzette da Vienna per sapere le cose della guerra, vi rimetto dunque alla sorgente istessa. Io vi comunicherò solo le mie idee nate dalle cose che vedo ed osservo, elleno sono assai più minute, ma le loro conseguenze diventano grandi in un uomo che ragiona. Innanzi tutto adunque vi dirò che ho trovato un uomo, e coll'opera di lui comincio ad intendere qualche cosa. Il caso ha fatto che mi trovassi in piccola compagnia con un ufficiale affamato, che avendo corso tutta la giornata, pranzava; la sua figura non ha niente di singolare, ma tre o quattro proposizioni che gli sfuggirono, e il tuono ragionevole e ingegnoso col quale le disse mi scossero. M'accostai a lui, cominciai ad entrare in dialogo, e m'avvidi che anche il mio umore non gli spiaceva. Gli confessai che ero felice d'aver incontrato un essere ragionevole, e dissi vestigia hominum video. La nostra amicizia fu presto incominciata. Egli è inglese, ha vissuto molto in Italia e nella Spagna, e ne conosce assai bene le lingue oltre la sua nativa, ed il tedesco che s'insegna di parlare. È tenente, e tenente nel più miserabile reggimento dell'armata, il suo nome è Lloyd, non ha ancora trent'anni, è d'una singolare penetrazione d'ingegno, d'una serie di cognizioni che sorprende, uomo pieno di coraggio, deciso, umano, generoso, non finirei di dirvi la stima, l'ammirazione e l'amicizia che ho per lui. Vi dirò come egli è all'armata. È nato nella contea di Galles, da giovane uscì dalla sua patria disgustato d'un tutore che aveva sposata la vedova sua madre; non credo che sia né ricco, né molto nobile. Da ragazzo passò a Berlino, s'innamorò d'una ballerina, ebbe guai e se ne partì venendo a Venezia. I debiti che vi contrasse e ai quali non poteva soddisfare lo posero in situazione assai triste, e i Gesuiti lo cavarono d'intrigo tacitando i suoi creditori, poi lo mandarono a Roma nel Collegio Inglese, ove s'abbandonò allo studio. Terminato il corso, non volendo egli farsi gesuita come avrebbero desiderato, ritornò a Venezia raccomandato all'ambasciatore di Spagna, che gli si affezionò, e di lui si prevalse come secretario, poi, per fargli una fortuna, lo mandò in Spagna raccomandandolo al marchese de Las Minas, governatore della Catalogna. Visse in Barcellona assai bene col marchese, che, non potendogli dare un impiego se non nel militare, lo appoggiò a Madrid al signor Watt, secretario di gabinetto del re cattolico. Ivi lavorò, si guadagnò la grazia del ministro, che lo lusingava volerlo spedire secretario d'ambasciata, ma passarono due occasioni e Lloyd si vide preferito; non volle più sperare alla Corte, ritornò a Barcellona, e dal marchese de Las Minas, che lo stimava, ottenne di essere ufficiale negli ingegneri militari. Allora si consacrò totalmente allo studio e meditazione sulla guerra. Non c'è autore di questa materia del quale Lloyd non sappia render buon conto. Eruditissimo nella storia, egli trova le somiglianze e dissomiglianze fra le attuali posizioni e quelle del tal romano, del tal cartaginese, greco, ecc. Fatto si è ch'egli ebbe uno studio profondo nell'arte della guerra, dell'artiglieria, tattica, fortificazione, ecc. Scoppiata la guerra in Germania, aspettava che il suo re prendesse qualche partito, e che la guerra diventasse universale come credevasi; ma vedendo ch'essa era ristretta in Germania, chiese al marchese d'essere raccomandato nell'armata austriaca, ove aveva desiderio di vedere in pratica il mestiere e tentare la fortuna. Ebbe soccorso e due lettere di raccomandazione, una al principe di Lichtenstein, l'altra all'arcivescovo di Vienna monsignor Migazzi. Le presentò a Vienna quest'inverno scorso, ed ottenne l'amicizia d'entrambi, anzi a segno quella dell'arcivescovo, che lo volle alloggiato presso di lui. I suoi due protettori gli diedero lettere per l'armata dirette al generale Lascy, che è generale quartier mastro ed ha sotto di sé un corpo d'ufficiali. Lascy è assai sprezzante, ma ha buone qualità. Lloyd viene ricevuto in mezzo ad un circolo di ufficiali, e presenta le sue lettere, Lascy le legge, e poi gli dice che l'avrebbe fatto tenente nel reggimento Staps. Lloyd sapeva già che quel reggimento, composto di invalidi, era destinato a custodire i bagagli dell'armata. Risponde adunque ch'egli non ha fatto trecento leghe di viaggio per custodire li equipaggi dell'armata. - Cosa dunque è venuto a farvi, disse Lascy. - Ad imparare il mestiere della guerra, risponde Lloyd. - Allora, con tuono derisorio replicò Lascy, cosa intende ella pel mestiere della guerra? - Intendo, rispose Lloyd, quello che suppongo Vostra Eccellenza sappia. - Allora Lascy con amara ironia terminò col dire che non aveva impiego per un uomo di tanto merito. Figuratevi che Lascy è un vero bascià a tre code, temuto, ossequiato, al quale nessuno oserebbe replicar parola. Tutto il circolo degli ufficiali stava in silenzio, attoniti per questo dialogo. Il mio Lloyd, che si vede insultato, con tuono deciso e tranquillo terminò col dire: - Signore, voi non mi conoscete, forse non ho verun merito, ma fors'anco ne posso avere più di voi. - Ciò detto, gli voltò le spalle, e se ne partì per cercare al maresciallo Daun un passaporto e ritornare a Vienna. A Lascy, sebben piccato, piacque la risposta, andò al quartier generale, ritrovò Lloyd, se gli accostò chiedendo a che fine fosse ivi, e Lloyd glielo disse. Lascy soggiunse che s'egli aveva piacere servire sotto di lui, l'avrebbe accomodato, che accettasse un posto di tenente, il solo vacante che potesse dargli, e che l'avrebbe dispensato dallo stare al reggimento, lasciandolo servire sotto di lui, e così fu accomodato. Da questo succinto abbozzo d'un romanzo, conoscerete che Lloyd è uomo non volgare, d'una impazienza somma e d'una libertà di parlare egualmente grande: questi sono i due difetti ch'io gli conosco, difetti che pregiudicheranno alla sua fortuna, se non si modera.
Ora che v'ho fatto il ritratto del mio amico, non già ciecamente su quello che di lui mi fu detto, ma sulle informazioni che ho avute d'altre parti, vi dirò che egli ne sa incomparabilmente più d'ogni altro che v'è al campo, e sebbene sia un povero tenente senza nome e senza soldi, vedo che il generale Montazet, francese, il duca di Braganza, il principe di Vittemberg e quanto v'è di più illuminato, cerca di ragionare con Lloyd sugli affari nostri e prevedere, conoscere e definire le cose dell'armata co' suoi lumi. Lloyd conosce che pochissimi capiscono cosa si faccia o cosa facciano. Io cavalco seco girando il paese, ora passiamo davanti la nostra armata ed egli mi dà idea dei vantaggi e svantaggi delle posizioni in cui siamo, come nel tal luogo siamo forti, deboli nel tal altro, cosa potrebbe fare il nemico per vantaggiosamente attaccarci, cosa dovremmo far noi, ove egli avrebbe preferito accampare, come e perché. Poi scorriamo a conoscere il terreno fra noi e il nemico, visitiamo i posti avanzati dei Prussiani, egli entra nei particolari con una chiarezza e maestria, che mi solleva l'animo, e più ho imparato in un'ora col mio Lloyd, che non avrei fatto da me in un anno fra mezzo a questi ufficiali. Lloyd ha passione per la guerra, è instancabile. Dopo aver localmente osservato e ragionato da uomo superiore, egli sa valutare sotto un sol colpo d'occhio i reciproci movimenti di questa campagna, rilevarne il bene e il male fatto, ragionare sulle teorie della guerra. Ora comincio a vivere all'armata, perché vedo che ottengo il fine di istruirmi, sia ch'io continui a fare questo mestiere, sia che l'abbandoni, sempre mi gioverà il conoscerlo ed averne una idea.
Il modo col quale si fa da noi questa guerra è certamente un vero disinganno per chi abbia entusiasmo di mestiere. Il maresciallo, secondo tutte le apparenze, ne sa pochissimo, e lo prova anche la sua ritenutezza nel non parlare mai di guerra. L'amor proprio di ciascuno lo porta naturalmente a mettere in mostra il buono che ha, e quando nel cuore v'è una passione è necessario che sbucci. La continua riserva è una continua dimostrazione di mancanza d'energia e di cognizioni. Il maresciallo s'è acquistato un gran nome con la vittoria di Kollin. È stato il primo che ha battuto il re Federico; ma a saper le cose come sono, questa gloria svanisce. Alla battaglia di Kollin il maresciallo aveva già comandata la ritirata, e la vittoria era pei Prussiani. Un reggimento fiammingo, piccato contro i Tedeschi che lo deridevano perché non stava esattamente in linea retta, e le sue armi non erano tanto lucide quanto le austriache perpetuamente strofinate; questo reggimento, dico, per un movimento spontaneo, mal soffrendo di non aver combattuto e che il nemico non fosse mai venuto a quella parte, attaccò una colonna prussiana di fianco. Cominciò la colonna a piegare, altri reggimenti vennero spontaneamente dietro ai Fiamminghi, mossi unicamente dai loro comandanti, furono battuti i Prussiani, dovettero ritirarsi, e la vittoria immortalò Daun, e Praga fu liberata, e liberata tutta la Boemia. Ciò dipendette dalla direzione del maresciallo Daun quanto dalla mia. Ebbe il maresciallo il frutto, per la passione d'un fiammingo di farsi stimare dagli Austriaci, e quel fiammingo avrebbe meritato un processo per aver agito a proprio capriccio, e altrettanto ne meritavano i colonnelli che lo seguivano.
L'anno passato il maresciallo ebbe nuovo titolo d'onore colla sorpresa di Hochkirch, ma tutto il progetto era di Lascy, e il buon maresciallo nel tempo della sorpresa andava interrogando se si credeva che quell'affare avrebbe prodotto qualche cosa di buono. Io vi presento gli uomini quali sono, e come io stesso sono passato dalla meraviglia al disinganno, così passatevi voi pure. Daun che si trova così bene assistito dalla fortuna, credo che non vorrebbe battersi più. Se dalla Corte gli venisse dato pien potere, credo che sarebbe inconsolabile, perché i suoi fautori non potrebbero attribuire alla dipendenza della Corte la lentezza colla quale si fa da esso una guerra offensiva. Si tratta non di difendere i nostri Stati, ma d'acquistare la Slesia, e per acquistarla noi stiamo sulla porta! Certamente quando il re comanda ei stesso le sue truppe, ogni soldato si batte con più impeto, e sopporta i mali con pazienza, animato dalla speranza di far la sua fortuna sotto gli occhi del suo re. All'incontro da noi prima d'approfittare d'una occasione, conviene aspettare l'ordine della Corte, e tutto languisce, cominciando dal comandante, discendendo sino al fantaccino. Sin ora non abbiamo fatto che una finta d'andare nella bassa Lusazia, poi ai confini della Slesia, poi ritorniamo nell'alta Lusazia, accostandoci a Dresda. I nemici non gli ho veduti più a far schioppettate con noi da Sorau a questa parte. Le sentinelle avanzate prussiane sono così umane, che quando con Lloyd ci accostiamo di troppo, ci avvisano di ritirarci senza offesa alcuna. Veramente l'uccidere un uomo o due non cambia la cosa, ognuno di noi siam quattrini in un tesoro, non val la pena di sottrarveli. Così ci calcolano costoro, io però e Lloyd protestiamo altamente, e siam persuasi di valere di più.
In questi contorni di Bautzen (che nelle carte si scrive anche Badissin, ora in tedesco e ora in lingua schiavona che si parla dai villani) si trova una piccola società d'uomini che merita osservazione. Ve ne dirò qualche cosa. Nella Moravia si formò una setta che somiglia ai quaccheri cristiani che non hanno simbolo, non sacerdote, non sacramenti. Fanno professione di non dire mai il falso, di non offendere mai il prossimo, d'assistere i poveri e adorar Dio. Vennero perseguitati in Moravia, e ottennero dall'Elettore di Sassonia di ricoverarsi in Lusazia poco da qui discosti. Venne loro assegnato uno spazio di terreno incolto e deserto. Ottennero il privilegio che non avrebbero avuto né presidio militare, né giudici, ma avrebbero ivi goduto delle libertà, non solo d'esercitare la loro religione, ma altresì d'amministrarsi civilmente la giustizia, mediante, credo, un annuo fisso tributo.
Questi, che si chiamavano Fratelli Moravi, fabbricarono un borgo in breve tempo, con case gentilmente fatte, ma senza fasto. Fu chiamato Hernhutt. Il vicino territorio fu in breve coltivato. La maggior parte di questi Ernuttesi fa il mercante, e voi trovate da essi la più eccellente mercanzia utile in ogni genere, e nessuna di vanità o di lusso. Telerie eccellenti e sopraffine. Panni d'Inghilterra i più perfetti. Pellicce le più belle del nord e dell'America, cuoi, stivali, ecc. Mandate un bambino a comprare o andate voi è lo stesso; comprate o lasciate, vi viene detto precisamente il prezzo. Questi hanno i loro fratelli già sparsi pel mondo, alle Indie orientali, all'America, in Olanda, a Londra, ecc. Staffe d'oro, merletti, galloni d'oro o d'argento non ne trovate, bensì tutto il liscio più elegante. Quasi tutti sono ammogliati. Se hanno mezzi e volontà di custodire i figli ed allevarli, sono padroni; se vogliono deporli nella casa di fanciulli, lo possono. In queste case pubbliche è somma la decenza e l'attenzione nell'educarli, a loro niente manca perché stiano sani e siano ben allevati. Alla loro tutela, sinché sono bambini, vegliano le donne rimaste vedove, le quali hanno un decente e libero ricovero in quelle case ove sono mantenute di tutto. Esse hanno cura dei bambini; cresciuti ad una età di sette ad otto anni, passano ad essere educati in un'altra casa, ove a questo fine vengono mantenuti uomini savii, capaci di bene allevarli, e questi sono quei fratelli, che mancando di mezzi di fare il commercio, sono mantenuti a pubbliche spese. V'è un'altra casa per le zitelle, allevate pure con la direzione delle vedove. Non crediate già che siavi né la povertà, né la schifezza degli ospitali, la società non è numerosa, lo spirito della sua setta è fresco e vigoroso, il loro commercio li rende ricchi, il lusso e la pompa non disperdono le loro ricchezze, quindi di buon grado s'impone ogni abitante la tassa d'un tanto per cento sugli utili del suo negozio, e questa serve al mantenimento di queste pubbliche istituzioni. Un giovine che allevato che sia sa leggere, scrivere, e qualche mestiere, trova da servire come garzone presso qualche artigiano o mercante, e se ha condotta unisce bastantemente per negoziare poi da sé. È incredibile il numero de’ Sassoni e Boemi che vengono a lasciare il loro denaro a questi industriosi repubblicani. Se un giovine si dispone a prender moglie, è ammesso all'albergo delle zitelle, e dopo qualche esame può scegliere, e se la figlia acconsente, ella è sua moglie. Anche nelle case private può far ricerca di una moglie. Il costume di questi Ernuttesi è puro. Non si ha idea d'infedeltà coniugale, è quello che da noi si considera come una piacevole galanteria, farebbe orrore e sembrerebbe un tradimento presso questi buoni uomini. Ognuno vive nella casta unione del matrimonio. Del libertinaggio non v'è ombra alcuna. Nemmeno si dà il caso che uno dica ad un altro un'ingiuria, ma si trattano con una dolcezza e amorevolezza l'un l'altro, e s'aiutano come fratelli ed amici. se nasce qualche differenza fra di essi o per affari di negozio o per cose di famiglia, v'è un conte di Zinzendorf, che vive con essi, è della stessa religione, ed ha fuori le sue rendite e questo saggio signore arbitra, accomoda, tutti stanno alle sue decisioni unicamente per una stima personale che hanno di lui. La loro religione, come dissi, consiste principalmente nelle buone azioni, soccorrere i loro fratelli, essere fedeli, veridici ed esatti. La domenica si radunano in una sala senza imagini, so che non hanno né pastore, né parroco, né prete, non so poi se cantino o predichino. In fine, vi dirò che la virtù di questa gente ha sparsa tanta opinione, che, sebbene le armate nostre e dei nostri nemici siano spesse volte girate intorno a loro, alcuno non ha mai osato violare il loro tranquillo e rispettabile asilo. Sino a che le istituzioni son vicine alla loro origine, e non siano molto dilatate, quando abbino una base di vera virtù, abbelliscono la natura umana, e la fanno esistere bella e senza vizi. Non vi ho parlato di carceri, sgherri, di pene di questa giovane repubblica che non le conosce, né ha idea che di scacciare dalla sua società un cattivo membro, se mai col tempo alcuno se ne trovasse. Per ora sono stanco, e vi abbraccio.