Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

CAPITOLO VIGESIMO

Finita interamente la prima mandata delle stampe, mi do a tradurre Virgilio e Terenzio; e con qual fine il facessi.

 

Continuando dunque la quarta epoca, dico che ritrovandomi in Parigi, come io dissi, ozioso e angustiato, ed incapace di crear nulla, benché molte cose mi rimanessero, che avea disegnato di fare; verso il giugno del 1790 cominciai cosí per balocco a tradurre qua e degli squarci dell'Eneide, quelli che piú mi rapivano; poi vedendo che mi riusciva utilissimo studio, e dilettevole, lo cominciai da capo, per mantenermi anche nell'uso del verso sciolto. Ma tediandomi di lavorare ogni giorno la stessa cosa, per variare e rompere, e sempre piú imparar bene il latino, pigliai anche a tradurre il Terenzio da capo; aggiuntovi lo scopo di tentare su quel purissimo modello di crearmi un verso comico, per poi scrivere (come da gran tempo disegnava) delle commedie di mio; e comparire anche in quelle con uno stile originale e ben mio, come mi pareva di aver fatto nelle tragedie. Alternando dunque, un giorno l'Eneide, l'altro il Terenzio, in quell'anno '90, e fino all'aprile del '91, che partii di Parigi, ne ebbi tradotto dell'Eneide i primi quattro libri; e di Terenzio, l'Andria, l'Eunuco, e l'Eautontimoromeno. Oltre ciò, per sempre piú divagarmi dai funesti pensieri, che mi cagionavano le circostanze, volli disrugginirmi di nuovo la memoria, che nel comporre e stampare avea trasandata affatto, e m'inondai di squarci d'Orazio, Virgilio, Giovenale, e di nuovo dei Dante, Petrarca, Tasso, e Ariosto, talché migliaia e migliaia di versi altrui mi collocai nel cervello. E queste occupazioni di second'ordine sempre piú mi insterilirono il cervello, e mi tolsero di non far piú nulla del mio. Talché, di quelle tramelogedie, di cui doveano essere sei almeno, non vi potei mai aggiungere nulla alla prima, l'Abele; e sviato poi da tante cose, perdei il tempo, la gioventú, e il bollore necessario per una tal creazione, e non lo ritrovai poi mai piú. Sicché in quell'ultimo anno, ch'io stetti allora in Parigi, e cosí poi nei due e piú seguenti altrove, null'altro piú scrissi del mio, fuorché qualche epigrammi e sonetti, per isfogare la mia giustissima ira contro gli schiavi padroni, e dar pascolo alla mia malinconia. E tentai anche di scrivere un Conte Ugolino, dramma misto, e da unirsi poi anche alle tramelogedie, se l'avessi eseguite. Ma dopo averlo ideato, lo lasciai, né vi potei piú pensare, non che lo stendessi. L'Abele in tanto era finito, ma non limato. Nell'ottobre di quell'anno stesso '90, si fece con la mia donna un viaggietto di quindici giorni nella Normandia sino a Caen, L'Havre, e Roano; bellissima e ricca provincia, ch'io non conosceva; e ne rimasi molto soddisfatto, ed anche un poco sollevato. Perché quei tre anni fissi di stampa, e di guai continui, mi aveano veramente prosciugato il corpo e l'intelletto. L'aprile poi vedendo sempre piú imbrogliarsi le cose in Francia, e volendo almeno tentare se piú pace e sicurezza si potrebbe altrove trovare; oltreciò la mia donna spirandosi di vedere l'Inghilterra, quella sola terra un po' libera, e tanto diversa dall'altre tutte, ci determinammo di andarvi.

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License