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Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

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APPENDICE TERZA

 

Lettera del Padre Paciaudi

 

Mio Stimat.mo ed Amat.mo S.r Conte.

 

Messer Francesco s'accese d'amor per Monna Laura, e poi si disinnamorò, e cantò i suoi pentimenti. Tornò ad imbertonarsi della sua Diva, e finí i suoi giorni amandola non già filosoficamente, ma come tutti gli uomini hann'usato. Ella, mio gentil.mo Sig. Conte, si è dato a poetare: non vorrei che imitasse quel padre de' rimatori italiani in questa amorosa faccenda. Se l'uscir dai ceppi è stato forza di virtú, com'ella scrive, conviene sperare che non andrà ad incepparsi altra volta. Comunque sia per avvenire, il Sonetto è buono, sentenzioso, vibrato, e corretto bastamente. Io auguro bene per lei nella carriera poetica, e pel nostro Parnasso Piemontese, che abbisogna tanto di chi si levi un poco su la turba volgare.

Le rimando l'eminentissima Cleopatra31, che veramente non è che infima cosa. Tutte le osservazioni ch'ella vi ha aggiunte a mano, sono sensatissime, e vere. Vi unisco i due volumi di Plutarco, e s'ella resta in casa, verrò io stesso a star seco a desco per ricrearmi colla sua dolce società. Sono colla piú ferma stima ed osservanza suo ec. Nota manus.

 

L'ultimo di Gennaio 1775.

 

 

 




31 La Cleopatra di cui qui fa menzione, è quella del cardinale Delfino, che il Padre Paciaudi mi avea consigliato di leggere [N.d.A.]






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