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Vittorio Alfieri Vita scritta da esso IntraText CT - Lettura del testo |
né sapendo che far, s'infinge adesso
che l'ha pregato alcun di ricantare;
ma questo non è ver, se l'ha sognato.
Chi conosce i Poeti ha già capito
ch'Apolline vuol esser corbellato.
M'accingerò de' vizi a voi cantare.
No, che reggono il mondo, e a me potrebbe
da ciò, biasimo e lutto ridondare.
Della virtude adunque: è contrabbando,
e tanti gli han imposta la gabella,
che quasi non si trova anche pagando.
Dirò della bellezza delle donne?
Ah quanto dicon piú quei dolci sguardi
che additan che son Angeli fra gonne.
Canterò della vita ogni vicenda,
ma se la vita è un sogno molto breve,
le vicende d'un sogno, e chi le intende?
Dé ricchi canterei se avessi fronte
come l'hanno i poeti tutti quanti,
e poi già tai menzogne a voi son conte.
Dirovvi della morte; oh quanto è trista
non ne vorreste udir neppur parola,
ma nel pensarci mai, nulla s'acquista.
Dirò di quest'alloro qualcosetta
il qual cingemi il crin modestamente.
Zitto, ch'io mel donai, lo strappo in fretta.
Farovvi di miseria un quadro bello.
È ver che non è vizio eppur si fugge,
né se ne parla mai: dov'ho il cervello?
Della felicitade, oh bel soggetto:
la va cercando ognun, chi l'ha trovata
di grazia me lo dica, ch'io l'aspetto.
Tema piú bello ancor: volete udirlo?
quest'è la vanità: ma non lo canto
potrei parlar di me senza sentirlo.
Dirò che sono un pazzo, e ben m'avvedo
che lo dite voi tutti anche tacendo.
Finisco, per non dir, ch'anch'io lo credo.