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Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

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APPENDICE SESTA

 

Lettera del Padre Paciaudi

 

Pregiat.mo mio Sig. Conte.

Le rimando il suo originale in cui ho scritte le mie sincere ed amichevoli osservazioni. Parlando in generale io mi sono compiaciuto dei primi tratti della Tragedia. Spicca l'ingegno, l'immaginazione feconda, e il giudizio nella condotta. Ma con eguale schiettezza le dirò, che non sono contento della poesia. I versi sono mal torniti, e non hanno il giro italiano. Vi sono infinite voci, che non son buone, e sempre la ortografia è mancante, e viziosa. Condoni alla mia natural ingenuità, e all'interesse, che prendo a ciò che la risguarda, il presente avviso. Bisogna saper bene la lingua in cui si vuole scrivere. Perché non tiene ella sul tavolino la Ortografia Italiana, picciol volume in ottavo? Perché non legge prima gli Avvertimenti Gramaticali, che vanno aggiunti? Intanto ella osserverà dalle mie molte postille, ch'io non ho voluto risparmiarle il tedio delle emendazioni Gramaticali. Sono in Lingua severo, scrupoloso, forse indiscreto. Ma questa volta il sono stato di piú, perché la proprietà della lingua è la sola cosa che manchi al di lei lavoro. Vi sono de' pensieri grandi, degli affetti ben maneggiati, de' caratteri nobilmente sostenuti. Prosiegua con coraggio, chè difficile trovare chi scrivendo la prima volta cose tragiche vi sia meglio riuscito. Me ne congratulo seco nell'atto di rassegnarmi

tutto suo.

 

 

 




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