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Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

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scena seconda Orfeo, Zeusippo

 

ORFEO: Amatissimo Zeusippo, che fai? mi par che tu sii turbato. Sempre nuovi pensieri, eh? componi componi...

ZEUSIPPO: Signore Orfeo straccione, la non mi corbelli. Io già ho rinunziato alla poesia; e stavo facendo qualche rime per vendicarmi d'Apollo; e poi finisco; non ne vo piú sapere...

ORFEO: Farete male, male assai. E qual disgrazia v 'obbliga a rotolar dal Parnasso? La vostra tragedia credo avrà un ottimo successo. Ho visto moltissima gente affollarsi all'entrata: questo è buon segno. Io ci sarei andato pure, se mi aveste regalato il viglietto; ma ve ne siete scordato. Eppure vi avrei potuto giovar molto, col battere delle mani a proposito, coll'esclamare con entusiasmo: Oh che bella parlata! Che scena! Che sentimenti! Siccome ho ancor io (non fo per dire) un qualche grido nella letteraria repubblica, quei pochi sciocchi che mi avrebbero circondato avrebbero anch'essi caldamente applaudito; e forse, forse...

ZEUSIPPO: No, caro Orfeo; questi son mezzi troppo vili; e, dovendovi regalare, amico, non vi darei un viglietto d'ingresso; non avete bisogno di pascervi lo spirito; sono altre necessità piú essenziali a noi poeti; e se fossi ricco, ricompenserei in altro modo la vostra sviscerata amicizia. Ma, credete', che pur troppo l'ingegno non fortuna; e nel vederci accoppiati, chiunque ci prenderebbe per la Discordia e l'Invidia, quali si dipingono dai poeti e pittori. Ah duro mestiere in vero è quello, che noi pratichiamo. Come fate voi, Orfeo, per avere una faccia cosí allegra e gioiosa? Credo che né il Tasso, né il Petrarca, né alcun altro fra i piú celebri poeti d'Italia, avessero mai un viso, un portamento cosí altero, e cosí contento di sé medesimo. Io all'incontro poi, pallido, smunto, macilento, ed egro, porto scritti in fronte tutti i piú funesti attributi della poesia infelice.

ORFEO: Questo a voi stà benissimo. Cosí dev'essere il poeta tragico; sempre pensieroso, guardar bieco, trattar la fame eroicamente; lodar poco, o di nascosto: domandar mercede nelle dedicatorie; scegliere i piú alti signori per indirizzarli i suoi componimenti, perché meno degl'altri gli intendono, perché piú d'ogni altro si mostrano generosi. Io all'incontro, devo aver faccia di Lirico, e questa dev'essere gioviale, allegra, ridente, sardonica, ma non pingue, perché non sarebbe poetica. Io con un sonetto mi rendo amico un innamorato sciapito che vuoi lodar la sua Diva, ma che disgraziatamente non ha imparato nei suoi primi anni a leggere. Io con un epitalamio m'invito destramente ad un convito di nozze, e colà poeticamente mi sfamo per parecchi giorni. Io con un madrigaletto, con un epigramma, che io, con altre simili bagatelle, mi procurando giorni felici, riputazion mediocre; e dal mio basso inalzo ridendo gli sguardi temerari sino alle piú alte piume del cimiero de' tragici, e non li invidio.

ZEUSIPPO: Ah, non insultare cosí il coturno. Io, non volendo abbandonar la poesia, preferirei di gran lunga il morir di fame in compagnia de' miei attori al quint'atto di una mia mediocre tragedia, all'arricchirmi componendo madrigali e sonetti. - Ma qualcuno si appressa: io tremo di bel nuovo. Oh cielo! vien l'emulo Leone; egli ha un'aria soddisfatta; la Cleopatra non è piaciuta; io son perduto.

 




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