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Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

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scena terza Leone, Zeusippo, Orfeo

 

LEONE: Amici, oh che felice incontro! Zeusippo, vi ho ascoltato con molto piacere: dovete trovarvi anche voi al teatro, avreste fatto sobissar la platea dagli applausi.

ZEUSIPPO: Via, signor Leone, voi mi dite troppo; non vi credo; e non ho ancora il viso bastantemente sciacquato da Ippocrene, per presentarmi al pubblico senza arrossire: credo sarei morto d'affanno, se io mi trovava alla rappresentazione.

LEONE: Eh, che rossore? questo non è color poetico; scacciate coteste fanciullesche imaginazioni. Componete, rappresentate voi stesso, seguite gl'impulsi del genio Febeo, e non arrossite mai.

ZEUSIPPO: Seguirò il consiglio, che voi mi predicate ancor piú efficacemente con l'esempio, che colle vostre lusinghiere parole. Ma, alle corte; noi due ci corbelliamo l'un l'altro; siamo entrambi, poeti, tragici entrambi, entrambi forse cattivi: noi non ci possiamo amare, potressimo però giovarci vicendevolmente, se volessimo francamente parlare l'uno dei componimenti dell'altro; e ciò, con quella pietosa fratellevole discrezione, che sogliono aver fra di loro gli autori ec.

 

E basta: perché non ce n'entra piú; e perché troppo ce n'è entrato fin qui.

 

 

 




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