Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Vittorio Alfieri
Vita scritta da esso

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Epoca seconda

 

ADOLESCENZA

Abbraccia otto anni d'ineducazione.

 

CAPITOLO PRIMO

Partenza dalla casa materna, ed ingresso

nell'Accademia di Torino, e descrizione di essa.

 

Eccomi or dunque per le poste correndo a quanto piú si poteva; in grazia che io al pagar della prima posta aveva intercesso presso al pagante fattore a favore del primo postiglione per fargli dar grassa mancia; il che mi avea tosto guadagnato il cuor del secondo. Onde costui andava come un fulmine, accennandomi di tempo in tempo con l'occhio e un sorriso, che gli farei anche dare lo stesso dal fattore; il quale per esser egli vecchio ed obeso, esauritosi nella prima posta nel raccontarmi delle sciocche storiette per consolarmi, dormiva allora tenacissimamente e russava come un bue. Quel volar del calesse mi dava intanto un piacere, di cui non avea mai provato l'eguale; perché nella carrozza di mia madre, dove anche di radissimo avea posto il sedere, si andava di un quarto di trotticello da far morire; ed anche in carrozza chiusa, non si gode niente dei cavalli; ma all'incontro nel calesse nostro italiano uno ci si trova quasi su la groppa di essi, e si gode moltissimo anche della vista del paese. Cosí dunque di posta in posta, con una continua palpitazione di cuore pel gran piacere di correre, e per la novità degli oggetti, arrivai finalmente a Torino verso l'una o le due dopo mezzo giorno. Era una giornata stupenda, e l'entrata di quella città per la Porta Nuova, e la piazza di San Carlo fino all'Annunziata presso cui abitava il mio zio, essendo tutto quel tratto veramente grandioso, e lietissimo all'occhio, mi aveva rapito, ed era come fuor di me stesso. Non fu poi cosí lieta la sera; perché ritrovandomi in nuovo albergo, tra visi sconosciuti, senza la madre, senza il maestro, con la faccia dello zio che appena aveva visto una altra volta, e che mi riusciva assai meno accarezzante, e amoroso della madre; tutto questo mi fece ricadere nel dolore, e nel pianto, e nel desiderio vivissimo di tutte quelle cose da me abbandonate il giorno antecedente. Dopo alcuni , avvezzatomi poi alla novità, ripigliai e l'allegria e la vivacità in un grado assai maggiore ch'io non avessi mostrata mai; ed anzi fu tanta, che allo zio parve assai troppa; e trovandomi essere un diavoletto, che gli metteva a soqquadro la casa, e che per non avere maestro che mi facesse far nulla, io perdeva assolutamente il mio tempo, in vece di aspettare a mettermi in Accademia all'ottobre come s'era detto, mi v'ingabbiò fin dal primo d'agosto dell'anno 1758.

In età di nove anni e mezzo io mi ritrovai dunque ad un tratto traspiantato in mezzo a persone sconosciute, allontanato affatto dai parenti, isolato, ed abbandonato per cosí dire a me stesso; perché quella specie di educazione pubblica (se chiamarla pur vorremo educazione) in nessuna altra cosa fuorché negli studi, e anche Dio sa come, influiva su l'animo di quei giovinetti. Nessuna massima di morale mai, nessun ammaestramento della vita ci veniva dato. E chi ce l'avrebbe dato, se gli educatori stessi non conoscevano il mondo né per teoria né per pratica?

Era quell'Accademia un sontuosissimo edificio diviso in quattro lati, in mezzo di cui un immenso cortile. Due di essi lati erano occupati dagli educandi; i due altri lati dal Regio teatro, e dagli archivi del re. In faccia a questi per l'appunto era il lato che occupavamo noi, chiamati del Secondo e Terzo Appartamento; in faccia al teatro stavano quei del Primo, di cui parlerò a suo tempo. La galleria superiore del lato nostro, chiamavasi Terzo Appartamento, ed era destinata ai piú ragazzi, ed alle scuole inferiori; la galleria del primo piano, chiamata Secondo, era destinata ai piú adulti; de' quali una metà od un terzo studiavano all'Università, altro edificio assai prossimo all'Accademia; gli altri attendevano in casa agli studi militari. Ciascuna galleria conteneva almeno quattro camerate di undici giovani ciascheduna, cui presiedeva un pretuccio chiamato assistente, per lo piú un villan rivestito, a cui non si dava salario nessuno; e con la tavola sola e l'alloggio si tirava innanzi a studiare anch'egli la teologia, o la legge all'Università; ovvero se non erano anch'essi studenti, erano dei vecchi ignorantissimi e rozzissimi preti. Un terzo almeno del lato ch'io dissi destinato al Primo Appartamento, era occupato dai paggi del re in numero di venti o venticinque, che erano totalmente separati da noi, all'angolo opposto del vasto, cortile, ed attigui agli accennati archivi.

Noi dunque giovani studenti eramo assai male collocati cosí: fra un teatro, che non ci toccava di entrarvi se non se cinque o sei sere in tutto il carnovale; fra i paggi, che atteso il servizio di corte, le caccie, e le cavalcate, ci pareano godere di una vita tanto piú libera e divagata della nostra; e tra i forestieri finalmente che occupavano il Primo Appartamento, quasi ad esclusione dei paesani, essendo una colluvie di tutti i boreali, inglesi principalmente, russi, e tedeschi, e d'altri stati d'Italia; e questa era piú una locanda che una educazione, poiché a niuna regola erano astretti, se non se al ritrovarsi la sera in casa prima della mezza notte. Del resto, andavano, e a corte, e ai teatri, e nelle buone e nelle cattive compagnie, a loro intero piacimento. E per supplizio maggiore di noi poverini del Secondo e Terzo Appartamento, la distribuzione locale portava che ogni giorno per andare alla nostra cappella alla messa, ed alle scuole di ballo, e di scherma, dovevamo passare per le gallerie del Primo Appartamento, e quindi vederci continuamente in su gli occhi la sfrenata e insultante libertà di quegli altri; durissimo paragone colla severità del nostro sistema, che chiamavamo andantemente galera. Chi fece quella distribuzione era uno stolido, e non conosceva punto il cuore dell'uomo; non si accorgendo della funesta influenza che doveva avere in quei giovani animi quella continua vista di tanti proibiti pomi.

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License