Epist.
esplicatoria
1
EPISTOLA ESPLICATORIA SCRITTA AL MOLTO ILLUSTRE ED ECCELLENTE CAVALLIERO
SIGNOR FILIPPO
SIDNEO DAL NOLANO.
2
Cieco chi non vede il sole, stolto chi nol conosce, ingrato chi nol ringrazia;
se tanto è il
lume, tanto il bene, tanto il beneficio; per cui risplende, per
cui eccelle, per
cui giova; maestro de sensi, padre di sustanze, autor di vita.
Or non so qual mi
sarei, eccellente Signore, se io non stimasse il vostro
ingegno, non
onorasse gli vostri costumi, non celebrasse gli vostri meriti; con
gli quali vi
siete scuoperto a me nel primo principio ch'io giunsi a l'isola
Britannica, per
quanto v'ha conceduto il tempo; vi manifestate a molti, per
quanto
l'occasione vi presenta; e remirate a tutti, per quanto vi mostra la
vostra natural
inclinazione veramente eroica. Lasciando, dunque, il pensier dei
tutti ai tutti,
ed il dover de' molti a' molti, non permetta il fato, che io,
per quel tanto
che spetta al mio particolare, come tal volta mi son mostrato
sensitivo verso
le moleste ed importune discortesie d'alcuni; cossì avanti gli
occhi de
l'eternità vegna a lasciar nota d'ingratitudine, voltando le spalli a
la vostra bella,
fortunata e cortesissima patria, prima ch'al meno con segno di
riconoscenza non
vi salutasse, gionto al generosissimo e gentilissimo spirito
del signor Folco
Grivello. Il quale, come con lacci di stretta e lunga amicizia,
con cui siete
allevati, nodriti e cresciuti insieme, vi sta congionto: cossì
nelle molte e
degne, esterne ed interne perfezioni v'assomiglia; ed al mio
riguardo fu egli
quel secondo, che, appresso gli vostri primi, gli secondi
offici mi propose
ed offerse: quali io arrei accettati, e lui certo arrebe
effettuati, se
tra noi non avesse sparso il suo arsenito de vili, maligni ed
ignobili
interessati l'invidiosa Erinni.
3
Sì che, serbando a lui qualch'altra materia, ecco a voi presento questo numero
de dialogi, li
quali certamente saranno cossì buoni o tristi, preggiati o
indegni,
eccellenti o vili, dotti o ignoranti, alti o bassi, profittevoli o
disutili, fertili
o sterili, gravi o dissoluti, religiosi o profani, come di
quei, nelle mani
de quali potran venire, altri son de l'una, altri de l'altra
contraria
maniera. E perché il numero de stolti e perversi è incomparabilmente
più grande che de
sapienti e giusti, aviene che, se voglio remirare alla gloria
o altri frutti
che parturisce la moltitudine de voci, tanto manca ch'io debba
sperar lieto
successo del mio studio e lavoro, che più tosto ho da aspettar
materia de
discontentezza, e da stimar molto meglior il silenzio ch'il parlare.
Ma, se fo conto
de l'occhio de l'eterna veritade, a cui le cose son tanto più
preciose ed
illustri, quanto talvolta non solo son da più pochi conosciute,
cercate e
possedute, ma, ed oltre, tenute a vile, biasimate, perseguitate;
accade ch'io
tanto più mi forze a fendere il corso de l'impetuoso torrente,
quanto gli veggio
maggior vigore aggionto dal turbido, profondo e.clivoso varco.
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Cossì dunque lasciaremo la moltitudine ridersi, scherzare, burlare e
vagheggiarsi su
la superficie de mimici, comici ed istrionici Sileni, sotto gli
quali sta
ricoperto, ascoso e sicuro il tesoro della bontade e veritade, come,
per il contrario,
si trovano più che molti, che sotto il severo ciglio, volto
sommesso,
prolissa barba e toga maestrale e grave, studiosamente a danno
universale
conchiudeno l'ignoranza non men vile che boriosa, e non manco
perniciosa che
celebrata ribaldaria.
5
Qua molti, che per sua bontà e dottrina non possono vendersi per dotti e
buoni, facilmente
potranno farse innanzi, mostrando quanto noi siamo ignoranti e
viziosi. Ma sa
Dio, conosce la verità infallibile che, come tal sorte d'uomini
son stolti,
perversi e scelerati, cossì io in miei pensieri, paroli e gesti non
so, non ho, non
pretendo altro, che sincerità, simplicità, verità. Talmente sarà
giudicato dove
l'opre ed effetti eroici non saran creduti frutti de nessun
valore e vani;
dove non è giudicata somma sapienza il credere senza discrezione;
dove si
distingueno le imposture de gli uomini da gli consegli divini; dove non
è giudicato atto
di religione e pietà sopraumana il pervertere la legge
naturale; dove la
studiosa contemplazione non è pazzia; dove ne l'avara
possessione non
consiste l'onore, in atti di gola la splendidezza, nella
moltitudine de
servi, qualunque sieno, la riputazione, nel meglio vestire la
dignità, nel più
avere la grandezza, nelle maraviglie la verità, nella malizia
la prudenza, nel
tradimento l'accortezza, ne la decepzione la prudenza, nel
fengere il saper
vivere, nel furore la fortezza, ne la forza la legge, ne la
tirannia la
giustizia, ne la violenza il giudicio; e cossì si va discorrendo per
tutto. Qua
Giordano parla per volgare, nomina liberamente, dona il proprio nome
a chi la natura
dona il proprio essere; non dice vergognoso quel che fa degno la
natura; non cuopre
quel ch'ella mostra aperto; chiama il pane, pane; il vino,
vino; il capo,
capo; il piede, piede; ed altre parti, di proprio nome; dice il
mangiare,
mangiare; il dormire, dormire; il bere, bere; e cossì gli altri atti
naturali
significa con proprio titolo. Ha gli miracoli per miracoli, le prodezze
e maraviglie per
prodezze e maraviglie, la verità per verità, la dottrina per
dottrina, la
bontà e virtù per bontà e virtù, le imposture per imposture,
gl'inganni per
inganni, il coltello e fuoco per coltello e fuoco, le paroli e
sogni per paroli
e sogni, la pace per pace, l'amore per amore. Stima gli
filosofi per
filosofi, gli pedanti per pedanti, gli monachi per monachi, li
ministri per
ministri, li predicanti per predicanti, le sanguisughe per
sanguisughe, gli
disutili, montainbanco, ciarlatani, bagattellieri, barattoni,
istrioni,
papagalli per quel che si dicono, mostrano e sono; ha gli operarii,
benefici,
sapienti ed eroi per questo medesimo. Orsù, orsù! questo, come
cittadino e
domestico del mondo, figlio del padre Sole e de la Terra madre,
perché ama troppo
il mondo, veggiamo come debba essere odiato, biasimato,
perseguitato e
spinto da quello. Ma in questo mentre non stia ocioso, né.mal
occupato su
l'aspettar de la sua morte, della sua transmigrazione, del suo
cangiamento.
6
Oggi presente al Sidneo gli numerati ed ordinati semi della sua moral
filosofia, non
perché come cosa nuova le mire, le conosca, le intenda; ma perché
le essamine,
considere e giudichi; accettando tutto quel che si deve accettare,
iscusando tutto
quel che si deve iscusare, e defendendo tutto quel che si deve
defendere contra
le rughe e supercilio d'ipocriti, il dente e naso de scìoli, la
lima e sibilo de
pedanti; avertendo gli primi, che lo stimino certo di quella
religione la
quale comincia, cresce e si mantiene con suscitar morti, sanar
infermi e donar
del suo; e non può essere affetto, dove si rapisce quel d'altro,
si stroppiano i
sani ed uccidono gli vivi; consegliando a gli secondi, che si
convertano a
l'intelletto agente e sole intellettuale, pregandolo che porga lume
a chi non n'ha;
facendo intendere a gli terzi, che a noi non conviene l'essere,
quali essi sono,
schiavi de certe e determinate voci e paroli; ma, per grazia de
dei, ne è lecito,
e siamo in libertà di far quelle servire a noi, prendendole ed
accomodandole a
nostro commodo e piacere. Cossì non ne siano molesti gli primi
con la perversa
conscienza, gli secondi con il cieco vedere, gli terzi con la
mal impiegata
sollecitudine, se non vogliono esser arguiti gli primi de
stoltizia,
invidia e malignitade; ripresi gli secondi d'ignoranza, presunzione e
temeritade;
notati gli terzi de viltà, leggerezza e vanitade: per non esserse
gli primi
astenuti dalla rigida censura de nostri giudicii, gli secondi da
proterva calunnia
de nostri sentimenti, gli terzi dal sciocco crivellar de
nostre paroli.
7
Or, per venire a far intendere, a chiunque vuole e puote, la mia intenzione ne
gli presenti
discorsi, io protesto e certificó che, per quanto appartiene a me,
approvo quello
che comunmente da tutti savii e buoni è stimato degno di essere
approvato, e
riprovo con gli medesimi il contrario. E però priego e scongiuro
tutti, che non
sia qualcuno di animo tanto enorme e spirito tanto maligno, che
voglia definire,
donando ad intendere a sé e ad altri, che ciò che sta scritto
in questo volume,
sia detto da me come assertivamente; né creda (se vuol credere
il vero) che io,
o per sé o per accidente, voglia in punto alcuno prender mira
contra la verità,
e balestrar contra l'onesto, utile e naturale, e, per
conseguenza,
divino; ma tegna per fermo che con tutto il mio sforzo attendo al
contrario; e se
tal volta aviene ch'egli non possa esser capace di questo, non
si determine; ma
reste in dubio sin tanto che non vegna risoluto dopo penetrato
entro la midolla
del senso. Considere appresso che questi son dialogi, dove sono
interlocutori gli
quali fanno la lor voce e da quali son raportati gli discorsi
de molti e molti
altri, che parimente abondano nel proprio senso, raggionando
con quel fervore
e zelo che massime può essere ed è appropriato a essi. Per
tanto non sia chi
pense altrimente, eccetto che questi tre dialogi son stati
messi e distesi
sol per materia e suggetto d'un artificio futuro; perché,
essendo io in
intenzione di trattar la moral filosofia secondo il lume interno
che in me ave
irradiato ed irradia il divino sole intellettuale, mi par
espediente prima
di preponere certi preludii a similitudine de musici; imbozzar
certi occolti e
confusi delineamenti ed ombre, come gli pittori; ordire e
distendere certa
fila, come le tessetrici; e gittar certi bassi, profondi e
ciechi
fondamenti, come gli grandi edificatori: il che non mi parea più
convenientemente
poter effettuarsi, se non con ponere in numero e certo ordine
tutte le prime
forme de la moralità, che sono le virtudi e vizii capitali, nel
modo che vedrete
al presente introdutto un repentito Giove, ch'avea colmo di
tante bestie,
come di tanti vizii, il cielo, secondo la forma di quarant'otto
famose imagini;
ed ora consultar di bandir quelli dal cielo, da la gloria e
luogo
d'esaltazione, destinandogli per il più certe regioni in terra, ed in
quelle medesime
stanze facendo succedere le già tanto tempo bandite e tanto
indegnamente
disperse virtudi. Or, mentre ciò si mette in esecuzione, se vedete
vituperar cose
che vi paiono indegne di vitupèro, spreggiate cose degne di
stima, inalzate
cose meritevoli di biasimo; e per il contrario; abbiate tutto
per detto (anco
da quei che possono nel suo grado dirlo) indefinitamente, come
messo in
difficultade, posto in campo, cacciato in teatro, che aspetta di essere
essaminato,
discusso e messo al paragone, quando si consertarà la musica, si
figurarà la
imagine, s'intesserà la tela, s'inalzarà il tetto. In questo mentre
Sofia presenta
Sofia, Saulino fa il Saulino, Giove il Giove; Momo, Giunone,
Venere ed altri
Greci o Egizii, dissoluti o gravi, quel che essi e qual essi
sono, e puote
appropriarsi alla condizion e natura che possono presentare. Se
vedete seriosi e
giocosi propositi, pensate che tutti sono equalmente degni
d'essere con non
ordinarii occhiali remirati. In conclusione, non abbiate altro
per definito che
l'ordine ed il numero de soggetti della considerazion morale,
insieme con gli
fondamenti di tal filosofia, la qual tutta intieramente vedrete
figurata in essi.
Del resto, in questo mezzo ognuno prenda gli frutti che può,
secondo la
capacità del proprio vase; perché non è cosa sì ria che non si
converta in
profitto ed utile de buoni; e non è cosa tanto buona e degna che non
possa esser
caggione e materia di scandalo a' ribaldi. Qua, dunque, avendo tutto
l'altro (onde non
si può raccôrre degno frutto di dottrina) per cosa dubia,
suspetta ed
impendente, prendasi per final nostro intento l'ordine,
l'intavolatura,
la disposizione, l'indice del metodo, l'arbore, il teatro e
campo de le
virtudi e vizii; dove appresso s'ha da discorrere, inquirere,
informarsi,
addirizzarsi, distendersi, rimenarsi ed accamparsi con altre
considerazioni;
quando, determinando del tutto secondo il nostro lume e propria
intenzione, ne
esplicaremo in altri ed altri particulari dialogi, ne li quali
l'universal
architettura di cotal filosofia verrà pienamente compita, e dove
raggionaremo più
per modo definitivo.
8
Abbiamo, dunque, qua un Giove, non preso per troppo leggitimo e buon vicario o
luogotenente del
primo principio e causa universale; ma ben tolto qual cosa
variabile,
suggetta al fato della mutazione. Però, conoscendo egli che in tutto
uno infinito ente
e sustanza sono le nature particolari infinite ed innumerabili
(de quali egli è
un individuo), che, come in sustanza, essenza e natura sono
uno, cossì per
raggion del numero che subintrano, incorreno innumerabili
vicissitudini e
specie di moto e mutazione; ciascuna, dunque, di esse, e
particularmente
Giove, si trova esser tale individuo, sotto tal composizione,
con tali
accidenti e circonstanze, posto in numero per differenze che nascono da
le contrarietadi,
le quali tutte si riducono ad una originale e prima, che è
primo principio
de tutte l'altre, che sono efficienti prossimi d'ogni
cangiamento e
vicissitudine: per cui, come da quel che prima non era Giove,
appresso fu fatto
Giove, cossì, da quel ch'al presente è Giove, al fine sarà
altro che Giove.
Conosce che dell'eterna sustanza corporea (la quale non è
denichilabile né
adnichilabile, ma rarefabile, inspessabile, formabile,
ordinabile,
figurabile) la composizione si dissolve, si cangia la complessione,
si muta la
figura, si altera l'essere, si varia la fortuna; rimanendo sempre
quel che sono in
sustanza gli elementi; e quell'istesso, che fu sempre,
perseverando
l'uno principio materiale, che è vera sustanza de le cose, eterna,
ingenerabile,
incorrottibile. Conosce bene, che dell'eterna sustanza incorporea
niente si cangia,
si forma o si difforma; ma sempre rimane pur quella che non
può essere
suggetto de dissoluzione, come non è possibil che sia suggetto di
composizione; e
però né per sé né per accidente alcuno può esser detta morire;
perché morte non
è altro che divorzio de parti congionte nel composto; dove,
rimanendo tutto
l'essere sustanziale (il quale non può perdersi) di ciascuna,
cessa
quell'accidente d'amicizia, d'accordo, di complessione, unione ed ordine.
Sa che la
sustanza spirituale, bench'abbia familiarità con gli corpi, non si
deve stimar che
propriamente vegna in composizione o mistione con quelli: perché
questo conviene a
corpo con corpo, a parte di materia complessionata d'un modo
con parte di
materia complessionata d'un'altra maniera; ma è una cosa, un
principio
efficiente ed informativo da dentro, dal quale, per il quale e circa
il quale si fa la
composizione; ed è a punto come il nocchiero a la nave, il
padre di fameglia
in casa ed uno artefice non esterno, ma che da entro fabrica,
contempra e
conserva l'edificio; ed in esso è l'efficacia di tener uniti gli
contrarii
elementi, contemperar insieme, come in certa armonia, le discordante
qualitadi, a far
e mantenir la composizione d'uno animale. Esso intorce il
subbio, ordisce
la tela, intesse le fila, modera le tempre, pone gli ordini,
digerisce e
distribuisce gli spiriti, infibra le carni, stende le cartilagini,
salda l'ossa,
ramifica gli nervi, incava le arterie, infeconda le vene, fomenta
il core, inspira
gli polmoni, soccorre a tutto, di dentro, con il vital calore
ed umido
radicale, onde tale ipostasi consista, e tal volto, figura e faccia
appaia di fuori.
Cossì si forma la stanza in tutte le cose dette animate, dal
centro del core,
o cosa proporzionale a quello, esplicando e figurando le
membra, e quelle
esplicate e figurate conservando. Cossì, necessitato dal
principio della
dissoluzione, abandonando la sua architettura, caggiona la ruina
de l'edificio,
dissolvendo li contrarii elementi, rompendo la lega, togliendo la
ipostatica
composizione, per non posser eternamente con medesimi temperamenti,
perpetuando medesime
fila, e conservando quegli ordini istessi, annidarsi in uno
medesimo
composto: però da le parti esterne e membra facendo la ritretta al
core, e quasi
riaccogliendo gl'insensibili stormenti ed ordegni, mostra
apertamente, che
per la medesima porta esce, per cui gli convenne una volta
entrare. Sa Giove
che non è verisimile né possibile che, se la materia
corporale, la
quale è componibile, divisibile, maneggiabile, contrattabile,
formabile, mobile
e consistente sotto il domìno, imperio e virtù de l'anima, non
è adnichilabile,
non è in punto o atomo adnullabile, per il contrario, la natura
più eccellente,
che impera, governa, presiede, muove, vivifica, invegeta,
insensua,
mantiene e contiene, sia di condizion peggiore: sia, dico (come
vogliono certi
stolti sotto nome de filosofi) un atto, che resulta da l'armonia,
simmetria,
complessione, ed in fine un accidente che per la dissoluzione del
composto vada in
nulla insieme con la composizione; più tosto che principio e
causa intrinseca
di armonia, complessione e simmetria che da esso deriva; il
quale non meno
può sussistere senza il corpo che il corpo -che è da lui mosso,
governato, e per
sua presenza unito, e per sua absenza disperso - può essere
senza lui. Questo
principio, dunque, stima Giove esser quella sustanza che è
veramente l'uomo,
e non accidente che deriva dalla composizione. Questo è il
nume, l'eroe, il
demonio, il dio particolare, l'intelligenza; in cui, da cui e
per cui, come
vegnon formate e si formano diverse complessioni e corpi, cossì
viene a subintrare
diverso essere in specie, diversi nomi, diverse forme.
Questo, per esser
quello che, quanto a gli atti razionali ed appetiti, secondo
la raggione muove
e governa il corpo, è superiore a quello, e non può essere da
lui necessitato e
constretto; aviene per l'alta giustizia che soprasiede alle
cose tutte, che
per gli disordinati affetti vegna nel medesimo o in altro corpo
tormentato ed
ignobilito, e non debba aspettar il governo ed administrazione di
meglior stanza,
quando si sarà mal guidato nel regimento d'un'altra. Per aver,
dunque, ivi
menata vita, per essempio, cavallina o porcina, verrà (come molti
filosofi più
eccellenti hanno inteso; ed io stimo, che se non è da esser
creduto, è molto
da esser considerato) disposto dalla fatal giustizia, che gli
sia intessuto in
circa un carcere conveniente a tal delitto o crime, organi ed
instrumenti
convenevoli a tale operario o artefice. E cossì, oltre ed oltre
sempre
discorrendo per il fato della mutazione, eterno verrà incorrendo altre ed
altre peggiori e
megliori specie di vita e di fortuna, secondo che s'è
maneggiato
megliore- o peggiormente nella prossima precedente condizione e
sorte. Come
veggiamo che l'uomo, mutando ingegno e cangiando affetto, da buono
dovien rio, da
temprato stemprato; e per il contrario, da quel che sembrava una
bestia, viene a
sembrare un'altra peggiore o megliore, in virtù de certi
delineamenti e
figurazioni, che, derivando da l'interno spirito, appaiono nel
corpo; di sorte
che non fallaran mai un prudente fisionomista. Però, come
nell'umana specie
veggiamo de molti in viso, volto, voci, gesti, affetti ed
inclinazioni,
altri cavallini, altri porcini, asinini, aquilini, buovini; cossì
è da credere che
in essi sia un principio vitale, per cui, in potenza di
prossima passata
o di prossima futura mutazion di corpo, sono stati o sono per
esser porci,
cavalli, asini, aquile, o altro che mostrano; se per abito di
continenza, de
studii, di contemplazione ed altre virtudi o vizii non si
cangiano e non si
disponeno altrimente. Da questa sentenza (da noi, più che par
comporte la
raggion del presente loco, non senza gran causa distesa) pende
l'atto de la
penitenza di Giove, il qual s'introduce come volgarmente è
descritto: un dio
che ebbe de le virtudi e gentilezze, ed ebbe de le
dissoluzioni,
leggerezze e fragilitadi umane, e talvolta brutali e bestiali;
come è figurato,
quando è fama, che si cangiasse in que' varii suggetti o forme,
per significar la
mutazion de gli affetti suoi diversi che incorre il Giove,
l'anima, l'uomo,
trovandosi in questa fluttuante materia. Quel medesimo è messo
governatore e
motor del cielo, per donar ad intendere, come in ogni uomo, in
ciascuno
individuo si contempla un mondo, un universo; dove per Giove
governatore è
significato il lume intellettuale che dispensa e governa in esso,
e distribuisce in
quel mirabile architetto gli ordini e sedie de virtudi e
vizii.
9
Questo mondo, tolto secondo l'imaginazion de stolti matematici, ed accettato
da non più saggi
fisici, tra quali gli Peripatetici son più vani, non senza
frutto presente:
prima diviso come in tante sfere, e poi distinto in circa
quarant'otto
imagini (nelle quali intendeno primamente partito un cielo ottavo,
stellifero, detto
da' volgari firmamento), viene ad essere principio e suggetto
del nostro
lavoro. Perché qua Giove (che rapresenta ciascun di noi), come da
conceputo nacque,
da fanciullo dovenne giovane e robusto, e da tale è dovenuto e
dovien sempre più
e più vecchio ed infermo: cossì da innocente ed inabile si fa
nocivo ed abile,
dovien tristo, e talor si fa buono; da ignorante savio, da
crapulone sobrio,
da incontinente casto, da dissoluto grave, da iniquo giusto;
al che tal volta
vien inchinato da la forza che gli vien meno, e spinto e
spronato dal
timor della giustizia fatale, superiore a' dei, che ne minaccia.
Nel giorno
dunque, che nel cielo si celebra la festa de la Gigantoteomachia
(segno de la
guerra continua e senza triegua alcuna, che fa l'anima contra gli
vizii e
disordinati affetti), vuole effettuar e definir questo padre quello che
per qualche
spacio di tempo avanti avea proposto e determinato; come un uomo,
per mutar
proposito di vita e costumi, prima vien invitato da certo lume che
siede nella
specola, gaggia o poppa de la nostra anima, che da alcuni è detto
sinderesi e qua
forse è significato quasi sempre per Momo. Propone, dunque, a
gli dei, cioè
essercita l'atto del raziocinio de l'interno conseglio, e si mette
in consultazion
circa quel ch'è da fare; e qua convoca i voti, arma le potenze,
adatta
gl'intenti; non dopo cena, e ne la notte de l'inconsiderazione, e senza
sole
d'intelligenza e lume di raggione; non a diggiuno stomaco, la mattina, cioè
senza fervor di
spirito, ed esser bene iscaldato dal superno ardore; ma dopo
pranso, cioè dopo
aver gustato ambrosia di virtuoso zelo ed esser imbibito del
nettare del
divino amore; circa il mezogiorno, o nel punto di quello, cioè,
quando meno ne
oltraggia nemico errore, e più ne favorisce l'amica veritade, in
termine di più
lucido intervallo. Allora si dà spaccio a la bestia trionfante,
cioè a gli vizii
che predominano e sogliono conculcar la parte divina; si
ripurga l'animo
da errori, e viene a farsi ornato de virtudi; e per amor della
bellezza che si
vede nella bontà e giustizia naturale, e per desio de la voluttà
consequente da
frutti di quella, e per odio e tema de la contraria difformitade
e dispiacere.
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Questo s'intende accettato ed accordato da tutti e in tutti gli dei, quando
le virtudi e
potenze de l'anima concorreranno a faurir l'opra ed atto di quel
tanto che per
giusto, buono e vero definisce quello efficiente lume;
ch'addirizza il
senso, l'intelletto, il discorso, la memoria, l'amore, la
concupiscibile,
l'irascibile, la sinderesi, l'elezione: facultadi significate
per Mercurio,
Pallade, Diana, Cupido, Venere, Marte, Momo, Giove ed altri numi.
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Dove dunque era l'Orsa, per raggion del luogo, per esser parte più eminente
del cielo, si
prepone la Verità; la quale è più alta e degna de tutte cose, anzi
la prima, ultima
e mezza; perché ella empie il campo de l'Entità, Necessità,
Bontà, Principio,
Mezzo, Fine, Perfezione: si concepe ne gli campi contemplativi
metafisico,
fisico, morale, logicale. E con l'Orsa descendeno la Difformità,
Falsità, Difetto,
Impossibilità, Contingenzia, Ipocrisia, Impostura, Fellonia. -
La stanza de
l'Orsa maggiore, per causa da non dirla in questo luogo, rimane
vacante. - Dove
s'obliqua ed incurva il Drago, per esser vicina alla Verità, si
loca la Prudenza
con le sue damigelle, Dialettica e Metafisica, che ha
circonstanti da
la destra la Callidità, Versuzia, Malizia, da la sinistra la
Stupidità,
l'Inerzia, l'Imprudenzia. Versa nel campo della Consultazione. Da
quel luogo casca
la Casualità, l'Improvisione, la Sorte, la Stracuragine, con le
sinistre e destre
circonstanti. Da là, dove solo scrimisce Cefeo, cade il
Sofisma,
l'Ignoranza di prava disposizione, la Stolta Fede con le serve,
ministre e
circonstanti; e la Sofia, per esser compagna de la Prudenza, vi si
presenta, e si
vedrà versar negli campi divino, naturale, morale, razionale. -
Là dove
Artofilace osserva il carro, monta la Legge, per farsi vicina alla madre
Sofia; e quella
vedrassi versare ne li campi divino, naturale, gentile, civile,
politico,
economico ed etico particolare, per gli quali s'ascende a cose
superiori, si
descende a cose inferiori, si distende ed allarga a cose uguali e
si versa in se
stesso. Da là cade la Prevaricazione, Delitto, Eccesso,
Exorbitanza con
li loro figli, ministri e compagni. Ove luce la Corona boreale,
accompagnandola
la Spada, s'intende il Giudizio, come prossimo effetto de la
legge ed atto di
giustizia. Questo sarà veduto versare in cinque campi di
Apprensione,
Discussione, Determinazione. Imposizione, Execuzione; ed indi, per
conseguenza, cade
l'Iniquitade con tutta la sua fameglia. Per la corona, che
tiene la quieta
sinistra, si figura il Premio e Mercede; per la spada, che vibra
la negociosa
destra, è figurato il Castigo e Vendetta. - Dove con la sua mazza
par che si faccia
spacio Alcide, dopo il dibatto de la Ricchezza, Povertade,
Avarizia e
Fortuna, con le lor presentate corti, va a far la sua residenza la
Fortezza, la qual
vedrete versar negli campi de l'Impugnazione, Ripugnanza,
Espugnazione,
Mantenimento, Offensione, Defensione; dalla cui destra cascano la
Ferinità, la
Furia, la Fierezza; e dalla sinistra la Fiacchezza, Debilità,
Pusillanimità; e
circa la quale si veggono la Temeritade, Audacia, Presunzione,
Insolenza,
Confidenza, ed a l'incontro la Viltà, Trepidazione, Dubio,
Desperazione con
le compagne e serve. Versa quasi per tutti gli campi. - Dove si
vede la Lira di
nove corde, monta la madre Musa con le nove figlie, Aritmetrica,
Geometria,
Musica, Logica, Poesia, Astrologia, Fisica, Metafisica, Etica; onde,
per conseguenza,
casca l'Ignoranza, Inerzia e Bestialitade. Le madri han
l'universo per
campo, e ciascuna de le figlie ha il proprio suggetto. - Dove
distende l'ali il
Cigno, ascende la Penitenza, Ripurgazione, Palinodia,
Riformazione,
Lavamento; ed indi, per conseguenza, cade la Filautia, Immondizia,
Sordidezza,
Impudenzia, Protervia con le loro intiere fameglie. Versano circa e
per il campo de
l'Errore e Fallo. - Onde è dismessa l'incatedrata Cassiopea con
la Boriosità,
Alterezza, Arroganza, Iattanza ed altre compagne che si vedeno nel
campo de
l'Ambizione e Falsitade; monta la regolata Maestà, Gloria, Decoro,
Dignità, Onore ed
altri compagni con la lor corte, che per ordinario versano ne
li campi della
Simplicità, Verità ed altri simili per principale elezione; e
talvolta per
forza di Necessitade in quello de la Dissimulazione ed altri
simili, che per
accidente possono esser ricetto de virtudi. - Ove il feroce
Perseo mostra il
gorgonio trofeo, monta la Fatica, Sollecitudine, Studio,
Fervore,
Vigilanza, Negocio, Essercizio, Occupazione, con gli sproni del zelo e
del timore. Ha
Perseo gli talari de l'util Pensiero e Dispreggio del ben
popolare, con gli
ministri Perseveranza, Ingegno, Industria, Arte, Inquisizione
e Diligenza; e
per figli conosce l'Invenzione ed Acquisizione, de quali ciascuno
ha tre vasi pieni
di Bene di fortuna, di Ben di corpo, di Bene d'animo. Discorre
ne gli campi di
Robustezza, Forza, Incolumità; gli fuggono d'avanti il Torpore,
l'Accidia,
l'Ocio, l'Inerzia, la Desidia, la Poltronaria, con tutte le lor
fameglie da un
canto; e da l'altro l'Inquietitudine, Occupazion stolta,
Vacantaria,
Ardelia, Curiositade, Travaglio, Perturbazione, che esceno dal campo
de l'Irritamento,
Instigazione, Constrettura, Provocazione ed altri ministri che
edificano il
palaggio del Pentimento. - A la stanza de Triptolemo monta la
umanità con la
sua fameglia: Conseglio, Aggiuto, Clemenzia, Favore, Suffragio,
Soccorso, Scampo,
Refrigerio, con altri compagni e fratelli di costoro e suoi
ministri e figli,
che versano nel campo de la Filantropia proprio, a cui non
s'accosta la
Misantropia, con la sua corte: Invidia, Malignità, Disdegno,
Disfavore ed
altri fratelli di questi, che discorreno per il campo de la
Discortesia, ed
altri viziosi. - A la casa de l'Ofiulco sale la Sagacità,
Accortezza,
Sottilezza ed altre simili virtudi abitanti nel campo de la
Consultazione e
Prudenza; onde fugge la Goffaria, Stupidezza, Sciocchezza con le
lor turbe, che
tutte cespitano nel campo de l'Imprudenza ed Inconsultazione. -
In loco de la
Saetta si vede la giudiciosa Elezione, Osservanza ed Intento, che
si essercitano
nel campo de l'ordinato Studio, Attenzione ed Aspirazione; e da
là si parteno la
Calunnia, la Detrazione, il Repicco ed altri figli d'Odio ed
Invidia che si
compiaceno ne gli orti de l'Insidia, Ispionia e simili ignobili e
vilissimi
coltori. - Al spacio, in cui s'inarca il Delfino, si vede la
Dilezione,
Affabilità, Officio, che insieme con la lor compagnia si trovano nel
campo de la
Filantropia, Domestichezza; onde fugge la nemica ed oltraggiosa
turba, ch'a gli
campi della Contenzione, Duello e Vendetta si ritira. - Là
d'onde l'Aquila
si parte con l'Ambizione, Presunzione, Temeritade, Tirannia,
Oppressione ed
altre compagne negociose nel campo de l'Usurpazione e Violenza,
va ad soggiornare
la Magnanimità, Magnificenza, Generosità, Imperio, che versano
ne li campi della
Dignitade, Potestade, Autoritade. - Dove era il Pegaseo
cavallo, ecco il
Furor divino, Entusiasmo, Rapto, Vaticinio e Contrazione, che
versano nel campo
de l'Inspirazione; onde fugge lontano il Furor ferino, la
Mania, l'Impeto
irrazionale, la Dissoluzione di spirito, la Dispersion del senso
interiore, che si
trovano nel campo de la stemprata Melancolia, che si fa antro
al Genio
perverso. - Ove cede Andromeda con l'Ostinazione, Perversitade e stolta
Persuasione, che
si apprendeno nel campo de la doppia Ignoranza, succede la
Facilità, la
Speranza, l'Aspettazione, che si mostraranno al campo della buona
Disciplina. -
Onde si spicca il Triangolo, ivi si fa consistente la Fede,
altrimente detta
Fideltade, che s'attende nel campo de la Constanza, Amore,
Sincerità,
Simplicità, Verità ed altri, da quali son molto discosti gli campi de
la Frode,
Inganno, Instabilità. - A la già regia del Montone ecco messo il
Vescovato,
Ducato, Exemplarità, Demonstranza, Conseglio, Indicazione, che son
felici nel campo
de l'Ossequio, Obedienza, Consentimento, virtuosa Emulazione,
Imitazione; e da
là si parte il mal Essempio, Scandalo, Alienamento, che son
cruciati nel
campo de la Dispersione, Smarrimento, Apostasia, Scisma, Eresia. -
Il Tauro mostra
esser stato figura de la Pazienza, Toleranza, Longanimitade, Ira
regolata e
giusta, che si maneggiano nel campo del Governo, Ministerio,
Servitude,
Fatica, Lavoro, Ossequio ed altri. Seco si parte l'Ira disordinata,
la Stizza, il
Dispetto, il Sdegno, Ritrosia, Impazienza, Lamento, Querela,
Còlera, che si
trovano quasi per gli medesimi campi. - Dove abitavano le
Pleiadi, monta la
Unione, Civilità, Congregazione, Popolo, Republica, Chiesa,
che consisteno
nel campo del Convitto, Concordia, Communione; dove presiede il
regolato Amore; e
con quelle è trabalsato dal cielo il Monopolio, la Turba, la
Setta, il
Triumvirato, la Fazione, la Partita, l'Addizione, che periclitano ne'
campi de
disordinata Affezione, iniquo Dissegno, Sedizione, Congiura, dove
presiede il
Perverso Conseglio con tutta la sua fameglia. - Onde parteno li
Gemegli, sale il
figurato Amore, Amicizia, Pace, che si compiaceno ne' proprii
campi; e quelli
banditi menan seco la Parzialitade indegna, che ostinata affigge
il piede nel
campo de l'iniquo e perverso Desio. - Il Granchio mena seco la mala
Repressione,
l'indegno Regresso, il vil Difetto, il non lodabile Refrenamento,
la Dismession de
le braccia, la Ritrazion de' piedi dal ben pensare e fare, il
Ritessimento di
Penelope ed altri simili consorti e compagni che si rimetteno e
serbano nel campo
de l'Inconstanza, Pusillanimità, Povertà de spirto, Ignoranza
ed altri molti;
ed alle stelle ascende la Conversion retta, Ripression dal male,
Ritrazion dal
falso ed iniquo con gli lor ministri, che si regolano nel campo
del Timore
onesto, Amor ordinato, retta Intenzione, lodevol Penitenza ed altri
sozii contrarii
al mal Progresso, al rio Avanzamento, Pertinacia profittevole. -
Mena seco il
Leone il tirannico Terrore, Spavento e Formidabilità, la perigliosa
ed odibile
Autoritade e Gloria della presunzione e Piacere di esser temuto più
tosto che amato.
Versano nel campo del Rigore, Crudeltà, Violenza, Suppressione,
che ivi son
tormentate da le ombre del Timore e Suspizione; ed al celeste spacio
ascende la
Magnanimità, Generosità, Splendore, Nobiltà, Prestanza, che
administrano nel
campo della Giustizia, Misericordia, giusta Debellazione, degna
Condonazione, che
pretendeno sul studio d'esser più tosto amate che temute; ed
ivi si consolano
con la Sicurtà, Tranquillitade di spirito e lor fameglia. - Va
a giongersi con
la Vergine la Continenza, Pudicizia, Castità, Modestia,
Verecundia,
Onestade, che trionfano nel campo della Puritade ed Onore,
spreggiato da
l'Impudenza, Incontinenza ed altre madri de nemiche fameglie. - Le
Bilancie son
state tipo de la aspettata Equità, Giustizia, Grazia, Gratitudine,
Rispetto ed altri
compagni, administratori e seguaci, che versano nel trino
campo della
Distribuzione, Commutazione e Retribuzione, dove non mette piè
l'Ingiustizia,
Disgrazia, Ingratitudine, Arroganza ed altre lor compagne, figlie
ed
amministratrici.
12
Dove incurvava l'adunca coda e stendeva le sue branche lo Scorpione, non
appare oltre la
Frode, l'iniquo Applauso, il finto Amore, l'Inganno, il
Tradimento, ma le
contrarie virtudi, figlie della Simplicità, Sincerità,
Veritade, e che
versano ne gli campi de le madri. - Veggiamo ch'il Sagittario
era segno della
Contemplazione, Studio e buono Appulso con gli lor seguaci e
servitori, che
hanno per oggetto e suggetto il campo del Vero e del Buono, per
formar
l'Intelletto e Voluntade, onde è molto absentata l'affettata Ignoranza e
Spenseramento
vile. - Là dove ancora risiede il Capricorno, vedi l'Eremo, la
Solitudine, la
Contrazione ed altre madri, compagne ed ancelle, che si ritirano
nel campo de
l'Absoluzione e Libertà, nel quale non sta sicura la Conversazione,
il Contratto,
Curia, Convivio ed altri appartinenti a questi figli, compagni ed
amministratori.
-Nel luogo de l'umido e stemprato Aquario vedi la Temperanza,
madre de molte ed
innumerabili virtudi, che particolarmente ivi si mostra con le
figlie Civilità
ed Urbanitade, dalli cui campi fugge l'Intemperanza d'affetti
con la
Silvestria, Asprezza, Barbaria. - Onde con l'indegno Silenzio, Invidia di
sapienza e
Defraudazion di dottrina, che versano nel campo de la Misantropia e
Viltà d'ingegno,
son tolti gli Pesci, vi vien messo il degno Silenzio e
Taciturnitade che
versano nel campo de la Prudenza, Continenza, Pazienza,
Moderanza ed
altri, da quali fuggono a' contrarii ricetti la Loquacità,
Moltiloquio,
Garrulità, Scurrilità, Boffonaria, Istrionia, Levità di propositi,
Vaniloquio,
Susurro, Querela, Mormorazione. - Ove era il Ceto in secco, si trova
la Tranquillità
de l'animo, che sta sicuro nel campo de la Pace e Quiete; onde
viene esclusa la
Tempesta, Turbulenza, Travaglio, Inquietitudine ed altri socii
e frategli. - Da
là dove spanta gli numi il divo e miracoloso Orione con
l'Impostura,
Destrezza, Gentilezza disutile, vano Prodigio, Prestigio,
Bagattella e
Mariolia, che qual guide, condottieri e portinaii administrano alla
Iattanzia,
Vanagloria, Usurpazione, Rapina, Falsitade ed altri molti vizii, ne'
campi de quali
conversano, ivi viene esaltata la Milizia studiosa contra le
inique, visibili
ed invisibili potestadi; e che s'affatica nel campo della
Magnanimità,
Fortezza, Amor publico, Verità ed altre virtudi innumerabili. -
Dove ancor rimane
la fantasia del fiume Eridano, s'ha da trovar qualche cosa
nobile, di cui
altre volte parlaremo, perché il suo venerando proposito non cape
tra questi altri.
- D'onde è tolta la fugace Lepre col vano Timore, Codardiggia,
Tremore,
Diffidenza, Desperazione, Suspizion falsa ed altri figli e figlie del
padre Dappocagine
ed Ignoranza madre, si contemple il Timor, figlio della
Prudenza e
Considerazione, ministro de la Gloria e vero Onore, che riuscir
possono da tutti
gli virtuosi campi. - Dove in atto di correre appresso la
lepre, avea il
dorso disteso il Can maggiore, monta la Vigilanza, la Custodia,
l'Amor de la republica,
la Guardia di cose domestiche, il Tirannicidio, il Zelo,
la Predicazion
salutifera, che si trovano nel campo de la Prudenza e Giustizia
naturale; e con
quello viene a basso la Venazione ed altre virtù ferine e
bestiali, le
quali vuol Giove che siano stimate eroiche, benché verseno nel
campo de la
Manigoldaria, Bestialità e Beccaria. - Mena seco a basso la
Cagnuola,
l'Assentazione, Adulazione e vile Ossequio con le lor compagnie; ed
ivi in alto monta
la Placabilità, Domestichezza, Comità, Amorevolezza, che
versano nel campo
de la Gratitudine e Fideltade. - Onde la Nave ritorna al mare
insieme con la
vile Avarizia, buggiarda Mercatura, sordido Guadagno, fluttuante
Piratismo ed
altri compagni infami, e per il più de le volte vituperosi, va a
far residenza la
Liberalità, Comunicazione officiosa, Provision tempestiva,
utile Contratto,
degno Peregrinaggio, munifico Transporto con gli lor fratelli,
comiti,
temonieri, remigatori, soldati, sentinieri ed altri ministri, che
versano nel campo
de la Fortuna. - Dove s'allungava e stendeva le spire il Serpe
australe, detto
l'Idra, si fa veder la provida Cautela, giudiciosa Sagacità,
revirescente
Virilità; onde cade il senil Torpore, la stupida Rifanciullanza con
l'Insidia,
Invidia, Discordia, Maldicenza ed altre commensali. - Onde è tolto
con il suo atro
Nigrore, crocitante Loquacità, turpe e zinganesca Impostura, con
l'odioso
Affrontamento, cieco Dispreggio, negligente Servitude, tardo Officio e
Gola impaziente, il
Corvo, succedeno la Magia divina co le sue figlie, la Mantia
con gli suoi
ministri e fameglia, tra gli quali l'Augurio è principale e capo,
che sogliono per
buon fine esercitarsi nel campo de l'Arte militare, Legge,
Religione e
Sacerdozio. - D'onde con la Gola ed Ebrietade è presentata la Tazza
con quella
moltitudine de ministri, compagni e circonstanti, là si vede
l'Abstinenza, ivi
è la Sobrietade e Temperanza circa il vitto, con gli lor
ordini e
condizioni. - Dove persevera ed è confirmato nella sua sacristia il
semideo Centauro,
si ordina insieme la divina Parabola, il Misterio sacro,
Favola morale, il
divino e santo Sacerdocio con gli suoi institutori,
conservatori e
ministri; da là cade ed è bandita la Favola anile e bestiale con
la sua stolta
Metafora, vana Analogia, caduca Anagogia, sciocca Tropologia e
cieca Figuratura,
con le lor false corti, conventi porcini, sediciose sette,
confusi gradi,
ordini disordinati, difformi riforme, immonde puritadi, sporche
purificazioni e
perniciosissime forfantarie che versano nel campo de l'Avarizia,
Arroganza ed
Ambizione; ne li quali presiede la torva Malizia, e si maneggia la
cieca e crassa
Ignoranza.
13
Con l'Altare è la Religione, Pietade e Fede: e dal suo angolo orientale cade
la Credulità con
tante pazzie e la Superstizione con tante cose, coselle e
coselline; e dal
canto occidentale l'iniqua Impietade ed insano Ateismo vanno in
precipizio. -
Dove aspetta la Corona australe, ivi è il Premio, l'Onore e
Gloria, che son
gli frutti de le virtudi faticose e virtuosi studi, che pendeno
dal favore de le
dette celesti impressioni. - Onde si prende il Pesce
meridionale, là è
il Gusto de gli già detti onorati e gloriosi frutti; ivi il
Gaudio, il fiume
de le Delicie, torrente de la Voluptade, ivi la Cena, ivi
l'anima
Pasce la mente de
sì nobil cibo,
Ch'ambrosia e
nettar non invidia a Giove.
Là è il Termine
de gli tempestosi travagli, ivi il Letto, ivi il tranquillo
Riposo, ivi la
sicura Quiete. Vale.
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