Un rimorso
I.
O il tetro Palazzo
Madama...
la sera... la folla che imbruna...
Rivedo la povera cosa,
la povera cosa che
m'ama:
la tanto simile ad una
piccola attrice famosa.
Ricordo. Sul labbro
contratto
la voce a pena s'udì:
«O Guido! Che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?»
II.
Sperando che fosse
deserto
varcammo l'androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie
d'amanti... Fuggimmo
all'aperto:
le cadde il bel manicotto
adorno di mammole doppie.
O noto profumo
disfatto
di mammole e di petit-gris...
«Ma Guido che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?».
III.
Il tempo che vince non
vinca
la voce con che mi rimordi,
o bionda povera cosa!
Nell'occhio azzurro
pervinca,
nel piccolo corpo ricordi
la piccola attrice famosa...
Alzò la veletta.
S'udì
(o misera tanto nell'atto!)
ancora: «Che male t'ho fatto,
o Guido, per farmi così?».
IV.
Varcammo di tra le
rotaie
la Piazza Castello, nel viso
sferzati dal gelo più vivo.
Passavano giovani
gaie...
Avevo un cattivo sorriso:
eppure non sono cattivo,
non sono cattivo, se
qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: «Che male t'ho fatto,
o Guido per farmi così?».
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