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Guido Gozzano
La via del rifugio

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  • L'ultima rinunzia
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L'ultima rinunzia

        «...l'una a soffrire e l'altro a far soffrire

I.

- «O Poeta, la tua mamma
che ti diede vita e latte,
che le guance s'è disfatte
nel cantarti ninna-nanna,

lei che non si disfamò,
perché tu ti disfamassi,
lei che non si dissetò,
perché tu ti dissetassi,

la tua madre ha fame, tanta
fame! E cade per fatica,
s'accontenta d'una mica;
tu soccorri quella santa!

Ella ha sete! Non t'incresca
di portarle tu da bere:
s'accontenta d'un bicchiere,
d'un bicchiere d'acqua fresca

- «Perché sali alle mie celle?
Che mi ciarli, che mi ciarli?
Non concedo mi si parli
quando parlo con le Stelle.

Mamma ha fame? E vada al tozzo
e potrà ben disfamarsi.
Mamma ha sete? E vada al pozzo
e potrà ben dissetarsi.

O s'affacci al limitare,
si rivolga alla comare:
ma lasciatemi sognare,
ma lasciatemi sognare

II.

- «O Poeta, la tua mamma
che ti diede vita e latte,
che le guance s'è disfatte
nel cantarti ninna-nanna,

la tua mamma che quand'eri
ammalato t'assisteva,
non mangiava, non beveva
nei tristissimi pensieri,

lei che t'era sempre intorno
per rifarti sano e forte
per contenderti alla Morte,
e piangeva, notte e giorno

invocava Gesù Cristo
e la Vergine Maria:
o Poeta! ed oggi ho visto
la tua madre in agonia!

Oh! l'atroce dipartita!
Chinerai la testa bionda
sulla fronte incanutita
della santa moribonda

- «Taciturna è la fortuna.
Che mi ciarli, che mi ciarli?
Non concedo mi si parli
quando parlo con la Luna!

Forse che dallo speziale
non c'è benda e medicina?
Forse che nel casolare
non c'è Ghita la vicina?

La vicina a confortare,
medicina a risanare:
ma lasciatemi sognare,
ma lasciatemi sognare

III.

- «O Poeta, la tua mamma
che ti diede vita e latte,
che le guance s'è disfatte
nel cantarti ninna-nanna,

- odi, anco se t'annoia! -
lei che t'ebbe come un sole,
che t'apprese le parole
che ora sono la tua gioia,

la tua mamma in sulla porta
fu trovata sola e morta!
Sola e morta chi sa come
singhiozzando nel tuo nome...

Vieni a piangere la cara,
prima che altri le ritocchi
giù le palpebre sugli occhi
e la metta nella bara.

Son le donne già raccolte
, nell'opera funesta:
ma tu chiamala tre volte
s'ella vuol che tu la vesta

- «Che mi dici, che mi dici,
che mi parli tu di lutto?
Non intendo ciò che dici
quando parlo con il Tutto.

Forse che lamentatrici
non ci sono a lamentare?
Forse che becchini e preti
non ci sono a sotterrare?

E la fate lamentare
e la fate sotterrare:
ma lascatemi sognare,
ma lasciatemi sognare!

Ma lasciatemi sognare

 




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