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Vittorio Amadeo Cigna-Santi
Mitridate, rè di Ponto

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  • ATTO TERZO
    • Scena ottava. Marzio, Farnace
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Scena ottava. Marzio, Farnace

 

Recitativo

Marzio
Teco i patti, o Farnace serba la Romana.

[viene sciolto Farnace e un Romano gli porge l'armi]

Farnace
Ah, Marzio, amico, invano io dunque non sperai...

Marzio
Dal campo in cui del tuo periglio, o prence, fui spettator, uscito appena un legno trovo al lido e v'ascendo. Arride il vento alle mie brame imapzianti. Al duce prima dell'armi, indi a'soldati io narro il fiero insulto, i rischi tuoi. Ne freme quel popolo d'eroi, chiede vendetta, e vola per Ninfea furibondo. Invan contrasta allo sbarco improvviso e il primo io sono la nota torre ad assalir. Fugati son dai merli i custodi e al grave urtar delle ferate travi crolla il muro, si fende, e un varco al fine m'apron libero a te quelle rovine.

Farnace
oh sempre in ogni impresa fortunato ed invitto genio roman! Ma il padre?

Marzio
O estinto, o vivo, sarà dall'armi nostre il più illustre trofeo. De'tuoi seguaci lo stuol disperso intanto salvo ti vegga e t'accompagni al trono, di cui Roma il suo amico oggi fa dono.

No. 23 Aria

Marzio
Se di regnar sei vago,
già pago è il tuo desìo,
e se vendettà vuoi
di tutti i torti tuoi
da te dipenderà.
Di chi ti volle oppresso
già la superbia è doma, mercè il valor di Roma
mercè quel fatto istesso
che ognor ti seguirà.
[parte col suo seguito]




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