Atrio terreno, corrispondente a gran cortile nella
reggia di Ninfea, da cui si scorgono in lontano i navigli romani, che abbruciano sul mare. Nell'aprirsi della scena preceduto intanto dalle sue guardie, e portato
sopra una spezie di occhio formato dall' intreccio di vari scudi si avanza
Mitridate ferito. Gli vengono al fianco Sifare ed Arbate e lo siegue
il rimanente delle milizie.
Mitridate
Figlio, amico, non più. La sorte mia dall'amor vostro esige altro che pianto. Se morte intempestiva tronca i disegni miei, se a Mitridate
spirar più non è dato, come bramò dell'arsa Roma in seno, brando straniero
almeno non ha l'onor del colpo. Ei cade estinto ma di sua mano, e vincitor, non
vinto.
Sifare
Perché, avverso destino, atto sì disperato prevenir non potei!
Mitridate
Per tempo ancora giungesti, o figlio. Hanno i miei sguardi estremi la tua fè rimirata e'l tuo valore. Per te
prostrate al suolo giaccon l'aquile
altere- Presso a cader poc'anzi del nemico in
poter ebbi in orrore, che pria morir, che d'incontrarla elessi. Potessi almen, potessi egual premio a tant'opre...
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