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Vittorio Amadeo Cigna-Santi
Mitridate, rè di Ponto

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  • ATTO TERZO
    • Scena decima. Mitridate, Sifare
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Scena decima. Mitridate, Sifare

 

Atrio terreno, corrispondente a gran cortile nella reggia di Ninfea, da cui si scorgono in lontano i navigli romani, che abbruciano sul mare. Nell'aprirsi della scena preceduto intanto dalle sue guardie, e portato sopra una spezie di occhio formato dall' intreccio di vari scudi si avanza Mitridate ferito. Gli vengono al fianco Sifare ed Arbate e lo siegue il rimanente delle milizie.

Mitridate
Figlio, amico, non più. La sorte mia dall'amor vostro esige altro che pianto. Se morte intempestiva tronca i disegni miei, se a Mitridate spirar più non è dato, come bramò dell'arsa Roma in seno, brando straniero almeno non ha l'onor del colpo. Ei cade estinto ma di sua mano, e vincitor, non vinto.

Sifare
Perché, avverso destino, attodisperato prevenir non potei!

Mitridate
Per tempo ancora giungesti, o figlio. Hanno i miei sguardi estremi la tua rimirata e'l tuo valore. Per te prostrate al suolo giaccon l'aquile altere- Presso a cader poc'anzi del nemico in poter ebbi in orrore, che pria morir, che d'incontrarla elessi. Potessi almen, potessi egual premio a tant'opre...




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