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Vittorio Amadeo Cigna-Santi
Mitridate, rè di Ponto

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  • ATTO PRIMO
    • Scena dodicesima. Mitridate, Arbate
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Scena dodicesima. Mitridate, Arbate

 

Recitativo

Mitridate
Teme Ismene a ragion: ma più di lei teme il mio cor. Sappilo, Arbate, io stesso dopo il fatal conflitto la fama di mia morte confermar tra voi feci acciò che poi nel giungere improvviso non fossero gli oltraggi a me celati, che soffro, oh Dio, da due miei figli ingrati.

Arbate
Da due tuoi figli?

Mitridate
Ascolta; in mezzo all'ira Sifare da Farnace giusto è ben ch'io distingua. Ma qui che si facea? Forse hanno entrambi preteso amor della Regina. A quale di lor sembra che Aspasia dia più facile l'orecchio? Io stesso a lei in quale aspetto ho da mostrarmi? Ah parlae quanto mai vedesti e quanto sai? Fa, che sia noto a Mitridate ormai?

Arbate
Signor, Farnace appena entrò nella città che impaziente corse a parlar d'amore alla Regina, a lei di Ponto il trono colla destra di sposo offrendo in dono.

Mitridate
Empio! Senza lasciarle tempo a spargere almeno le lagrime dovute al cener mio!

E Sifare?

Arbate

Finora segno d'amore in lui non vidi. E sembra, che degno figlio di Mitridate ei volga sol di guerra pensieri e di vendetta.

Mitridate
Ma pure quale a Ninfea disegno l 'afrettò?

Arbate
Quel di serbasi colla forza dell'armi, e col coraggio ciò che parte ei credea del suo retaggio.

Mitridate
Ah questo è il minor premio che un figlio tal propor si deve. A lui vanne, Arbate, e lo accerta del paterno amor mio. Farnace intanto cautamente si osservi.

Arbate
Il real cenno io volo ubbidiente ad eseguir.- Che mai rivolge in mente!-

[parte]




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