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Vittorio Amadeo Cigna-Santi
Mitridate, rè di Ponto

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  • ATTO TERZO
    • Scena quarta. Aspasia
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Scena quarta. Aspasia

 

Recitativo

Aspasia
Lagrime intempestive, a che dal ciglio malgrado mi scendete ad innondarmi il sen? Di beolezza tempo or non è. Con più coraggio attenda il termine de'mali un infelice:

Già quell'ultimo addio tutto mi dice.

[viene un moro, il quale presenta ad Aspasia sopra una sottocoppa la tazza del veleno]

Recitativo accompagnato

Aspasia
Ah ben ne fui presaga! Il dono estremo di Mitridate ecco recato. O destra, temerai d'appressarti al fatal nappo tu, che ardita al collo mi porgesti le funi? Eh no, si prenda,

[Aspaisa prende in mano la tazza ed il moro si ritira]

e si ringrazi il donator. Per lui ritorno in libertà. Per lui poss'io dispor della mia sorte e nella tomba col fin della mia vita quella pace trovar, che m'è rapita.

No. 21 Cavatina

Pallid'ombre, che scorgete
dagli Elisi i mali miei,
deh pietose a me rendete
tutto il benm che già perdei.
Bevasi...
Aimè, qual gelo trattien la man?...

Qual barbara conturba idea la mente. In questo punto ah forse beve la morte sua Sifare ancora. Oh, immagine funesta! Fia dunque ver? No, l'innocenza i Numi ha sempre in suo favor. D'Eroegrande veglian tutti in difesa, e se v'è in cielo chi pur s'armi in suo danno, l' ire n'estinguerà questo, che in seno

sacro a Nemesi or verso atro veleno.
[in atto di bere]




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