SCENA SESTA Chichibio e detti (fingono non vederlo,
Chichibio s'avanza pian piano ascoltando).
CALANDRINO:
Così stavano stretti
Come Dafne, ed Apollo
I semplicetti amanti, e l'una, e l'altro
A vedermi rimase a chiuso labbro
Tinto il volto di rose, e di cinabro.
AURETTA:
Se fosse qui nascoso,
Quell'Argo mio geloso,
Oh poverina me!
Direbbe: oh maledetta,
Pettegola, fraschetta!
La fedeltà dov'è?
Pur sono innocente.
Se fosse presente,
Direbbe fra sé:
Oh qui non c'è pericolo;
Un caso sì ridicolo
Goder si deve affé.
CHICHIBIO (accostandosi): Un caso sì ridicolo
Goder si deve affé!
CHICHIBIO:
Buon pro', Signori.
AURETTA:
Ridi, ah ridi, Chichibio.
CALANDRINO:
Ecco la scena,
Che vidi poco fa tra Lisa, e Tirsi.
CHICHIBIO:
Bella sarà, ma ridere non posso.
CALANDRINO:
Dorme Don Pippo?
CHICHIBIO:
Ah, che ha il Demonio addosso.
AURETTA:
Dimmi, che mai è stato?
CALANDRINO:
A lui andaste?
CHICHIBIO:
Ah non ci fossi andato.
AURETTA:
Entrasti?
CHICHIBIO:
Entrai Pian Pian allorché intesi
Lamentevole voce
Di dolente usignuol.
CALANDRINO:
E che diceva?
CHICHIBIO:
Vieni Imeneo!
AURETTA:
E tu?
CHICHIBIO:
Eccomi, dissi.
CALANDRINO:
Ed egli?
CHICHIBIO:
A me pazzo, ignorante? ad un par mio?...
Né molto vi mancò, che tutto tutto
Non mi versasse in capo
Il vaso di Pandora: onde so dirvi,
Ch'egli è purtroppo desto. S'ode il campanello di Don Pippo.
AURETTA:
Il segno è questo,
Che vuol vestirsi.
CALANDRINO:
Io me ne vado. A lui
Verrò frappoco, addio.
(In traccia voglio andar dell'Idol mio.) (Parte)
CHICHIBIO: (con ironia) Vanne, Auretta fedele,
E tu co' vezzi tuoi
Lo calma.
AURETTA:
E tu non vieni?
CHICHIBIO:
Io verrò poi. (Auretta parte). Quanto meglio staresti, Auretta mia
Chiusa con Celidora, e con Lavina
In quella torre. Il mondo al fin direbbe,
Come si dice ognora:
Don Pippo a Celidora
Non vuol sposo Biondello,
Ma il Conte Lionetto. Essere sposo
Vuol Don Pippo a Lavina, e n'è geloso.
Or ci saria la coda;
Direbbesi, ch'è moda
L'intendersi fra loro
I servi, ed i padroni; onde d'accordo
Tengono là in prigion le lor ragazze.
E il servo, ed il padron son teste pazze.
Spira oggi l'anno appunto, che Biondello
Al Marchese giurò d'entrar con arte,
O con denaro in quella torre, e poi
Celidora sposar. Don Pippo astuto
Rise, e disse di sì.
Biondello è ancor qui.
Stiamo a vedere
S'oggi riesce al fin. Biondello mio,
Lasciala, te 'l dich'io, lasciala in rocca:
Meglio forse sarà se non ti tocca.
Ogni momento
Dicon le donne
Siamo colonne
Di fedeltà.
Ma picciol vento
D'un cincinnato
Inzibettato
Cader le fa.
Non dico delle brutte;
Son sode quasi tutte,
Se vento non ci va.
Delle belle
Vanarelle
Io non parlo;
Già si sa,
Già si vede
Che la fede
Nelle belle
È rarità. (Parte.)
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