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Giacomo Gregorio Terribilini La nascita del Redentore IntraText CT - Lettura del testo |
Osea
Laban, che fai? Non senti
di festosi concenti
il bosco risuonar? Dai chiusi ovili
trasser le greggi fuori,
i vigili Pastori. Ai prati in seno
saltano le caprette,
per l'odorose erbette
van pascendo le agnelle.
Già fuggiron le stelle,
s'avanza il nuovo Sol, langue l'Aurora,
e ancor tu dormi, e non ti desti ancora?
Senti i garruli augelletti
salutare i rai nascenti;
mormorar i ruscelletti,
l'aure liete a sussurrar.
Labano
Osea, mi sgridi a torto. Io soglio, amico,
l'Aurora prevenir, ché un lungo sonno
alla nostra umil vita assai sconviene.
Osea
Ma l'alba questa volta
ti prevenne, o Laban ...
Labano
Taci, e m'ascolta.
Fra i notturni silenzi
nella capanna mia posai le membra,
ma il sonno atteso invano
i lumi non mi chiude in dolce oblio:
passo desto la notte, infin che quella
nel mezzo giunta del suo corso appena,
una luce serena
entrar vegg'io, che stupido mi rese
e la capanna di splendore accese.
Confuso io balzo in piè; fuor del tugurio
esco all'aperto, e veggo (oh meraviglia !)
squarciato della notte il fosco velo,
di fulgore vestirsi e terra e cielo.
Osea
Laban! Forse sognasti. Io credo appena
i tuoi detti veraci.
Labano
Non ho sognato, Osea. M'ascolta, e taci.
Come dalla marina
sorge il novello sole,
da Betlemme vicina
la gran luce sorgea, che intorno poi
spiegò soavemente i raggi suoi.
A sì strano portento
sento l'alma ingombrar da un sagro orrore
e fra gioia e stupore
suonar per l'aria queste voci io sento:
Spezza pur le tue catene,
di Sionne o vaga figlia;
già serena le tue ciglia
la primiera libertà.
Nato è alfin il Sommo Bene;
pace all'uomo e gloria a Dio,
che dal serpe iniquo e rio
liberò l'Umanità.
Non più dal ghiaccio stretto
ravviso il fonte allor, ma l'onde chiare
spedir libere al mare,
e scorgo, ad onta d'Aquilon gelato,
carco di frondi il bosco e d'erbe il prato.
Osea
Tutta la notte il sonno
aggravò gl'occhi miei; questa non vidi
luce che mi narrasti. I colli, i campi,
che lasciai disadorni in su la sera,
cangiati in primavera
mirai poc'anzi l'alba, e meraviglia
mi fè tosto inarcar ambe le ciglia.
Labano
Tutto non dissi ancor. Odi, e in entrambi
s'accresca lo stupor. Presso alla torre
ove Giacobbe pascolò gli armenti,
cinta di rai lucenti
scese candida nube
di Salomin sull'antro. Oh avventurato
Pastor! (gridai), cui tanto ora comparte
il ciel de' doni suoi ...
Osea
Non vedi? Salomin s'appressa a noi.
Labano
Ha un non so che nel volto,
che mortal non mi sembra.
Osea
Al suo pensiero
forse si palesò qualche mistero.
Salomino
Labano, Osea; che vidi! Oh vista! Oh notte!
Oh Madre! Oh Figlio! Oh Amor! Felici noi!
Osea
Disvela i sensi tuoi.
Labano
Parla, favella.
Salomino
Apportator son io d'alta novella.
Cinto d'umano velo
il Divin Figlio è nato. Infra l'orrore
d'un'antro io l'adorai. Su poco fieno
egli si giace; e del rigor del verno
per difendersi in parte,
or della Madre al bel seno beato,
di due giumenti or si riscalda al fiato.
Osea
Che dici! È nato dunque
il promesso ad Abramo,
ad Isacco, a Giacobbe?
Labano
Quello da' nostri voti ognor chiamato?
Salomino
Sì, v'inondi il piacer, sì: quegli è nato.
Osea
E qual terra felice
il Sovrano del Cielo in sé contiene?
Labano
Ov'è, tu me'l palesa; ov'è il mio bene?
Forse Sionne ingrata
la cuna gli negò ricca di gemme?
Salomino
Povero più di noi nato è in Betlemme.
Osea
Pastori, or mi sovviene
ciò che l'Avo, sedendo a parca cena,
a me narrar solea
con favella dal pianto accompagnata:
Betlemme avventurata,
(sì il buon vecchio dicea) no, tu non sei
fra le città di Giuda
la più vile città; da te quel forte
condottier d'Israele
sorger dovrà ... Felici voi nipoti,
a cui saranno aperte
del consiglio di Dio le vie segrete,
e la salvezza universal vedrete.
Pace suonar dovranno
gli antri, le rupi, i monti,
e verseranno i fonti
rivi di dolce umor.
Abiterà sicura
col lupo l'agnelletta,
non temerà la pura
colomba semplicetta
l'augello insidiator.
Così dicendo il vecchiarel piangea,
ed alte cose in suo pensier volgea.
Salomino
Quanto l'Avo predisse, e quanto un giorno
i Profeti cantar presso il Giordano,
tutto, tutto s'avvera. Il tempo è giunto
del gaudio universal: partì la guerra,
scesa è la pace ad abitar la terra.
Labano
Pastor! Da' detti tuoi, dal gran mistero
la mia mente è sorpresa.
Osea
Deh, con labbro sincero
quanto vide il tuo ciglio a noi palesa.
Labano
È noto, o Salomino,
che insoliti splendori,
che concenti canori
alla notte turbar l'ombre, i silenzi.
Salomino
Labano, onde ciò sai?
Labano
Li vidi io stesso,
io stesso li ascoltai stupido e desto;
ad Osea li ridissi.
Salomino
Udite il resto.
Presso il gregge vegliando
stavan meco Giabele e il bruno Aggeo:
quando su noi rotando
scese lucida nube, il grembo aperse,
e un angel puro agli occhi nostri offerse.
Il maestoso oggetto
noi colmò di spavento. Ah non temete,
(isse lo spirto alato) Io dalle sfere
vengo, d'alto piacere
felice apportator. È nato, è nato,
d'umana spoglia adorno,
il Salvator promesso. Ite, o Pastori,
all'umile Betlemme. Entrati appena,
in un presepe accolto,
sul fien, fra panni avvolto,
quel caro fanciullin primi vedrete,
e del Regio Natal nunzi sarete.
Disse e, dolce cantando, un vago stuolo
d'Angeli in aria apparve,
s'unì con quelli il messaggiero, e sparve.
Si destar in quel momento
vari affetti nel mio core
di speranza, di dolore,
di contento e di pietà.
Io sperai dal Nume Infante
il perdon de falli miei,
ché maggior di colpe tante
risplendea la sua bontà.
Labano
Oh quanto fosti, oh quanto
favorito dal Ciel!
Osea
Sì bella sorte
non giunsi a meritar.
Salomino
Alla partenza,
dopo annunzio sì grande,
i compagni affrettai. Tolse dal nido
due tortorelle Aggeo, dai rami tolse
freschi pomi Giabele, io dalla greggia
un candido agnellin: poveri doni
al Celeste Signor. Giunti in Betlemme
con frettolosi passi
ne ferì le pupille,
l'orecchio ne ferì, luce, armonia.
Dal Fanciullino uscia
fuor dell'antro la luce, e dentro, e intorno
l'armonia risuonava
delle angeliche voci. In atto umile
nel cavo sasso entrati,
al Fanciullo, alla Madre, al suo Custode
rendemmo onor. Intanto il Pargoletto
dolcemente ridea,
fisso ver noi tenea
lo sguardo vezzosetto,
e dir sembrava in suon tacito e pio:
"Sospiro il vostro cor, vi dono il mio".
Labano
Salomino, non più, ch'io già mi sento
per dolcezza mancar l'anima in petto.
Il Divin Fanciulletto
ad adorar men volo.
Osea
A te compagno
nel cammino io sarò.
Salomino
Con voi desio
a quelle ritornar mura beate.
Labano
Ecco m'invio.
Salomino
Ti seguo...
Osea
Il piè fermate.
Laban dal chiuso ovile
il tuo gregge digiun di te si lagna;
all'aperta campagna
lo traggi fuor, del pastorello Alete
l'abbandona alla cura in sì bel giorno.
Labano
Approvo il tuo pensier. Vado, e ritorno.
Dalla spelonca annosa
uscite, o pecorelle,
per quella valle ombrosa
l'erbette a pascolar.
Osea
Segui pur, Salomino,
segui a narrar quanto vedesti.
Salomino
Io vidi,
a terra riverenti,
vidi un giumento in quel presepe e un bue;
fortunati ambedue
perché scelti dal Cielo al grand' onore
di riscaldar col fiato il lor Fattore.
Osea
E che facea la Madre
al Fanciullin d'appresso?
Ragionami di Lei.
Salomino
Ne parlo adesso.
Vidi su paglia e canne al destro lato,
vicina al Parto amato
seder la Genitrice.
O quanto è bella, e umil!
Osea
Madre felice!
Salomino
Or al seno pietosa
il Figlio suo stringea,
baciandolo amorosa
col suo latte il pascea.
Or adagiato in cuna
l'adorava suo Dio con quei celesti
messaggieri di pace, ed or benigna
tenea i pensieri intenti
di noi pastori ai mal formati accenti.
Stava al sinistro lato,
ad un sasso appoggiato,
un Uom tenero sì, che sembra Padre,
ma Custode è al Fanciul, Sposo alla Madre.
Coll'anima su gli occhi
mira il dolce Bambino, e piange, e gode,
e appar nel volto suo quant’ha nel core
pietà, letizia, riverenza, e amore.
Osea
D’entrambi i nomi ancora
non mi svelasti, o Salomin.
Salomino
S'appella
Maria la Verginella; il casto Sposo
Giuseppe ha nome: entrambi
della Casa Real del buon Davidde.
Osea
Un nodo sì gentil mai non si vidde.
Salomino
Ma l'amico Labano
par che tardi il ritorno.
Osea
Pur non è sì lontano
del fido Alete il rustico soggiorno.
Forse del gran Natale
di capanna in capanna
andrà spargendo la novella.
Salomino
Altrui
del lieto avviso apportatore io fui.
Osea
Ma, oh Dio!
Salomino
Sospiri Osea! Che mai t'avvenne?
Osea
Finor non mi sovvenne
preparar qualche dono. Al nato Infante
tortore, e pomi e un agnellin recaste,
pegni d'amor, di fede.
Salomino
Tu reca a lui quanto da te richiede.
Se il tuo core a Lui tu doni,
ciò gli basta, e il Divo Infante
altro più non vuol da te.
Osea
Ah, che il cor fu al Figlio eterno
troppo ingrato ed incostante;
degno, o Dio, di Lui non è.
Salomino
Presso a Lui tutto arderai.
Osea
Ah d'amor m'accenda il cor.
Osea e Salomino
E l'oggetto ognor sarai,
Dio Bambin, del nostro amor.
Salomino
Mia speranza.
Osea
Mio diletto.
Salomino
Non sdegnarmi.
Osea S'ei m'accoglie.
Salomino
Sì, t'accoglie il Divin Bene.
Osea
Ah d'amor mi accenda il cor.
Osea e Salomino
E l'oggetto ognor sarai,
Dio Bambin, del nostro amor.
Oggi il giusto al Cielo inviti,
al perdono il peccatore,
e ad ognun tu doni il core
con eccesso di pietà.
Salomino
Osea, qual suono d'incerate canne
s'ode per l'aer vano?
Osea
Ecco stuol di pastori, ecco Labano.
Di rose e di ligustri,
che qui sorser fra l'erbe,
spoglio in fretta il terren.
Salomino
Presto li aduna,
del Santo Nume a inghirlandar la Cuna.
Labano
Io vi riveggo, o amici. A me s'uniro
compagni nel cammin questi che ho intorno,
de' boschi abitatori.
Salomino
Ogni dimora
si tronchi ormai. Solleciti partiamo.
A Betlemme, a Betlemme!
Labano
Andiamo!
Osea
Andiamo!
Labano
E per la via frattanto
seguiam lieti, o compagni, il nostro canto.
Coro
È sceso in terra a noi chi pasce l'Agne,
chi d'erbe veste il prato, il sol di lume.
Lasciate, o pastorelli, le campagne,
venite ad adorare il nato Nume.