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Matteo Bandello
Fragmenti de le rime

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CXXIII

 

Da que' begli occhi, da' begli occhi ond'io

involo l'ésca a la mia vita frale,

un bel fuoco folgorando sale,

che ride l'alma, mentre s'arde il core.

Ed egli tutt'acceso divien tale

che si trasforma in lor, e a me restio

qualitá cangia, e volge ogni desio,

come l'informa quel divin splendore.

Manda poi spesso dal mio petto fòre

d'alti sospiri una gran nebbia ardente,

con un pensier, che la mia Donna e 'l fuoco

chiari mi dimostra in ogni loco,

che null'altro da me si vede o sente.

I' veggio allor presente

quel dolce lume lampeggiar in modo

che senza fine i' godo,

e bramo eternamente mirar fiso

tant'altre meraviglie del bel viso.

Or ciò ch'io senta, s'ella poi ragiona,

come suol sempre, di cose alte e nuove,

ed oda quanta in quelle labbra piove

grazia di parlar umanamente grave,

dicalo Amor, che vuol ch'allor si prove

una dolcezza tal che m'abbandona

subito l'alma, e vola dove suona

dei dolci accenti il ragionar soave.

Ben potrá dir ch'a par di lei non s'have

diletto o gioia: oh, s'io il sapessi dire,

certo so ben che 'l mondo invidia avrebbe

al viver mio felice, e ogni uom direbbe

ch'avanza il mio piacer ogni gioire.

Vedesi allor scoprire

il trionfo d'Amor fra bei rubini,

perle e coralli fini,

e s'io vi guardo intentamente, allora

moro senza sentir come si mora.

Ma che dirá, se 'n parte si discopre

il casto petto albergo d'ogni grazia,

ov'ei trionfa, né giammai si sazia

l'alte sue pompe farne manifeste?

Ivi ridendo dolcemente spazia,

ed or l'un poggio ed ora l'altro copre

con tanta maestá, che di quell'opre,

che 'n terra senza par si fan, son queste.

Ma se per grazia la pomposa veste

talor luogo a tanta meraviglia,

come balena il ciel, vive faville

si veggion scintillar a mille a mille,

onde fa strali Amor, e 'l fuoco piglia.

E s'egli mi consiglia

mirar intento quel candor vivo,

a la mia morte arivo,

perché m'abbaglia quel chiaro lampo,

che come solfo in mezzo 'l fuoco avvampo.

Cosí dagli occhi, dal parlar, da quello,

da quel candido petto i' veggio sempre

nuove dolcezze uscir, ch'ognor mi fanno

tremando e ardendo in dolce e lieto affanno

viver cangiando mille volte tempre:

so come mi tempre

tra soave e dilettevol noia.

Ma perché tanta gioia

mal si può dir e avanza ogni diletto,

tu viverai, Canzon, sovra 'l bel petto.

 




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