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Matteo Bandello Fragmenti de le rime IntraText CT - Lettura del testo |
Qui nacquer dunque i bei sospiri ardenti,
d'un vivo lauro sparsi a la fredd'ombra,
la cui dolcezza ancor mill'alme ingombra:
sí fur soavi i mesti lor accenti.
Qui mille volte i vaghi augelli intenti,
quando si schiara il dí, quando s'adombra,
stettero al canto ch'ogni canto sgombra,
Laura gridando tra le frondi i venti.
Di Sorga il fonte crebbe qui sovente
al dolce lagrimar del gran poeta,
ch'anni trent'uno ardendo stimò poco.
Qui s'assise la Laura, poi qui lieta
d'un riso fe' la valle dolcemente:
tal fu di veri amanti il sacro fuoco.
È questo il luogo, la spelonca, e 'l sasso,
la fredda neve e 'l ghiaccio duro e alpino
u' Maddalena il corpo stanco e lasso
tant'anni tenne col favor divino?
È questo il fonte fresco e cristallino
e l'onda fa tranquilla
a lei che 'l vero ben nel mondo scorse?
Tra questi boschi sí selvaggi ed ermi,
cui par che maligna ombra sempre adugge,
fra 'l sibillar di serpi, e crudi vermi,
fra' fieri mostri che natura fugge,
qui dove fieramente Borea rugge,
la stanza fu di quella
che peccatrice il Vangelista appella?
Colei che di bellezza un chiaro sole
visse gran tempo delicata e molle:
colei che vide in carne il vero sole
che nostre colpe per sua grazia tolle,
queste deserte rupi abitar volle,
che dal sommo Fattor fu sí gradita?
Da queste grotte dunque e gravi orrori,
(grazia ch'a pochi il Re donò del cielo),
sette fiate il giorno al caldo e al gelo?
Quindi partiva con ardente zelo,
l'angelico concento vago e santo?
Questi pur son i ricchi suoi palagi,
l'aurate logge, i palchi apríci e grati.
Trent'anni in questi boschi in gran disagi
a quel servío, a cui servir siam nati:
e quanto lunge fu da le cittati,
a quell'in cui lo cor avea giá messo.
Ché qui piú volte il dolce a lei Maestro
apparve seco stando dolcemente,
e, ben che fosse il luogo duro e alpestro,
rideva d'ognintorno lietamente.
Ché dove il Re del cielo sta presente,
ch'a lui dinanzi, mai
cosa non sta che dia tormento o guai.
In ogni canto l'aria ancora spira
di quel favor celeste somma grazia,
e con sí occulta forza a sé mi tira,
che del terrestre mondo l'alma è sazia.
per trovar quel ch'aprí del ciel le porte.
D'un certo non so che lo cor s'ingombra
che mi fa gli occhi rugiadosi e molli,
e fòr del petto arditamente sgombra
quanti pensier ci son bugiardi e folli.
Parmi che d'ogni banda questi colli,
le quercie, i cerri e i faggi,
che qui dolcezza inusitata i' sento.
Chi mi dará ch'io resti e viva vosco,
risposti luoghi, ombre segrete e dive?
Qual grazia fia la mia se 'n questo bosco
restin le membra de lo spirto prive?
Oh valli! oh sassi! oh monti! oh boschi! oh rive!
che qui mi tenga seco,
morendo in grazia a quel che 'l mondo folce.
Lo piede in alcun luogo mai non poso
che non mostri di lei vestigio ed orma.
Beate selve e sasso aventuroso,
cui tanta donna d'ogni parte informa:
Ecco, né giá m'inganno, vera forma
ed al ciel volgi tutti i miei desiri.
Questo fu pur un tempo il sacro albergo
ove riposo al corpo talor desti.
A questa pietra quante volte il tergo
gli occhi levando al cielo giá mettesti?
Oh quante grazie a Dio di qui rendesti
ch'a Dio lavasti l'uno e l'altro piede!
L'ottima parte veramente è stata
ciò ch'eleggesti, n'esser ti può tolta.
S'ogni tua colpa fu da Dio purgata,
è ch'ad amarlo tutta t'eri volta.
E giá lo disse Cristo alcuna volta
pietá ritrova del suo fallo rio.
Alma beata, e santa peccatrice,
altro che 'l tuo voler desiri o voglia.