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Matteo Bandello Fragmenti de le rime IntraText CT - Lettura del testo |
Tempo è, begli occhi, omai, che pur vi debbia
che dolcemente il cor mi sana e strugge.
Scoprasi il sol, dileguisi la nebbia,
che di mia speme il frutto non adugge.
e giusto fôra pur dopo 'l digiuno
le mie gran fami d'uno
giro gentil dei vostri sì soavi
quetar, che del mio cor portan le chiavi.
Chi 'l crederà, che quando i' veggio poi
degli occhi ond'arde il cor, e insieme agghiaccia,
voglia mi venga di celarmi a voi,
che di mia tema il segno mostre in faccia?
di que' begli occhi innanzi al grave assalto,
mi cangia a un tratto, a un tratto mi riscalda,
m'ancide e avviva, e ancor m'impiaga e salda.
Dico ch'allor allor ch'intento i' veggio
dei fiammeggianti e altieri vostri rai,
arditamente con li miei patteggio
n'indi la vista rivoltar giá mai.
spargon le fiamme agli occhi miei per contro,
ratto m' accieco, com' al chiaro sole
notturno augel la vista perder suole.
Ma perché in lo splendor più che mortale,
mille dolcezze stanno sempre a paro,
e quanta è quella tema che m'assale
tanto mi sta vicino
di ferma speme l'ottimo riparo,
vivo splendor girar l'inferma vista,
ch'a poco a poco acquista
il vigor morto, e poi sotto occhio mira
come soave il lume bel si gira.
Che s'io potessi al discoperto un tratto
sovra 'l corso mortal que' vostri ardori,
e discoprir altrui com'è poi fatto
morir farei d'invidia mille cori.
l'ombra scoprendo de l'ardente lume
mi presta, e son di questo poco incerto:
che fôra dunque s'io 'l vedessi certo?
Ch'una rivolta sol di quella luce
può far gioir qual sia piú mesta mente:
ché 'n que' soavi lumi alberga e luce
e dentro vi s'ingombra
un certo non so che, che l'alma sente,
ma fòr apertamente
dir non si può, né dimostrar appieno,
dolce ed amaro, altiero, umile e piano
mai non s'aguaglia con parlar umano.
Né tu per gir altrove,
Canzon, ti partirai da la sorella,
ché troppo poverella
e mal ornata se' del lume santo,
ond'io la carta vergo al terzo canto.