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Matteo Bandello Fragmenti de le rime IntraText CT - Lettura del testo |
di beltá rara il pregio porti e 'l vanto,
appien lodarti con sonoro canto?
di tante doti tue, di tai bellezze
che tu sei quella sola
che l'alme ai corpi in un momento invola!
Tu sei quell'una, quella
ch'hai d'avorio color e d'alabastro.
l'alto favor del tuo superno Mastro.
a me propizio sempre,
che di dolcezza il cor non si distempre?
ha stato sí tranquillo e sí giocondo?
de la dolcezza mia
l'incredibil piacer e immensa gioia?
Chi fia che discoprire
quale e quanto sia
possa il diletto che non teme noia?
d'aver provato, prima
il ben che l'uom'eterna in un momento
che quanta mai dolcezza fosse eccede.
che 'l cor m'annoda e come vuol discioglie,
qual fenice rifatto a le sue voglie.
Da me stesso mi toglie
con tanta maestate,
ch'allora mille fiate,
questa, diss'io, dal volgo a sé m'alletta.
E a l'uno e a l'altro polo
seco m'innalza con famoso volo.
l'India ne mandi o qual piú ricco mare,
a par de l'unghie cosí terse e chiare.
e dolcemente nel martír m'appaghi.
cui tutto 'l mondo onora e ognor s'inchina.
su quella per baciarla,
soave albergo d'ogni mio desio,
i pargoletti Amor in lei vid'io?
per istar sempre seco,
la ritenesse allor in quei favori.
Ché s'io n'avessi morte,
qual mai piú bel morir, o lieta sorte?
ma mille e mille baci ancora darti,
tu puoi: tant'è quel ben ch'in me comparti.
E di poter baciarti
perché fatta sei tale
ogni voglia acquetar e render sazia.
che d'ogni gioia in te riposto è 'l nido.
Chi può, Canzon, ad una ad una tutte
dirá di questa le bellezze belle.