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Matteo Bandello
Novelle

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NOVELLA VI

Il Porcellio romano si prende trastullo di beffar

il frate confessandosi.

 

Messer Dioniso Corio, gentiluomo di questa cittá molto onorato e di antica famiglia, soleva molto volentieri, quando era in compagnia, con qualche novella gli ascoltanti rallegrare. Egli era bellissimo parlatore e sempre aveva qualche bella cosa a le mani. Onde, quando il signor cavalier Vesconte Alfonso fece le nozze de la signora Antonia Gonzaga sua moglie, io che era ancor degli invitati mi ricordo che narrò tra l'altre volte una novella qui a Milano avvenuta, la quale, per esser a proposito de la materia di cui ora si ragionava, mi piace di dirvi. Vi dico adunque che Francesco Sforza, che con l'armi s'acquistò il ducato di Milano, fu uomo ne le cose militari senza dubio da esser agguagliato a qualunque eccellente ed antico romano. Egli ancor che non fosse letterato, come quello che era stato sotto il vittorioso capitano Sforza Attendulo suo padre da teneri anni nodrito, nondimeno amò sempre gli uomini dotti in qualunque scienza si fosse, e diede loro gran salarii. Fra molti adunque che egli qui in Milano e altrove mantenne, v'era il Porcellio, poeta romano, il quale, ben che fosse nato e allevato a Napoli, nondimeno voleva esser detto romano. Egli era assai buon poeta secondo quei tempi che le buone lettere, ch'erano state tante centinaia d'anni sepolte, cominciavano a levar il capo e a ripolirsi. E chi bramasse veder qualche sua composizione, vada nel palazzo che fu del famoso conte Gasparo Vimercato e vedrá ne le sale e camere a diversi propositi sotto varie pitture, epigramme assai de le sue, che dimostrano la vivacitá del suo ingegno. In lui però l'eccellenza de le lettere ed il pregio de le muse di gran lunga avanzavano molti enormi vizii che aveva. Ma fra gli altri diffetti che in lui abbondavano, questo fra gli altri era uno dei solenni, che sempre la carne del capretto gli piaceva molto piú che altro cibo che se gli potesse dare, di maniera che questo era il sommo suo diletto d'andar in zoccoli per l'asciutto. Tuttavia, per diminuir l'openione che in corte generalmente di lui si teneva, piú che per voglia ch'egli n'avesse, e anco stimolato dal duca Francesco, che bramava pure ch'egli s'avvezzasse a mangiar altre carni che di capretto, prese per moglie una vedova di venti otto anni che 'l duca gli fe' dare, che aveva una buona ereditá. La moglie, ch'era donna molto costumata, s'accorse in breve che il marito mal volentieri andava in nave per il piovoso; pur, essendo buona femina e sperando che col tempo il marito devesse mutar vezzo, se ne passava a la meglio che poteva, pregando tutto il Iddio che degnasse illuminar la mente del marito e levarlo da cosí abominevol peccato. Ed ecco che il Porcellio infermò gravissimamente, di modo che i medici avevano poca speranza de la vita del povero vecchio, avendo perduto il sonno ed il mangiare. Egli era piú vicino ai settanta anni che altrimenti e si trovava molto debole. Veggendo questo, la moglie si sforzò con mille buone ragioni d'indurlo che si confessasse. Egli l'ascoltava, ma diceva poi che non voleva farlo. Onde ella conoscendo che indarno s'affaticava, mandò al duca Francesco umilmente pregandolo che per amor di Dio degnasse mandar una persona d'autoritá, che al Porcellio persuadesse, essendo cosí gravemente infermo come era, che volesse aver qualche cura de l'anima, a ciò che egli come un cane non morisse senza i santi sagramenti de la Chiesa. Il duca, udita la santissima supplicazione de la buona femina e pietosa moglie, mandò al convento de le Grazie dei Frati osservanti di san Domenico, che alora di nuovo era edificato, e si fece chiamar il padre fra Giacomo da Sesto, uomo vecchio e di santissima vita, e quello informò di quanto voleva che facesse. Il santo Uomo, udita la volontá del duca, se n'andò di lungo a la casa del Porcellio. Quivi arrivato e detto a la donna come per commessione del prencipe era venuto per visitare e confessar il Porcellio, fu da lei con grandissima riverenza ricevuto. La quale, poi che l'ebbe fatto sedere, cominciò a pienamente informarlo de la malvagitá de la vita del marito, pregandolo con le lagrime sugli occhi che si volesse affaticar per far che il marito s'emendasse. Il santo frate, stringendosi ne le spalle, si ritrovò assai di mala voglia, e disse che per non mancar del debito suo farebbe ogni cosa che a lui fosse possibile. Bramoso adunque di guadagnare un'anima che, secondo che la moglie diceva, era ne le mani del diavolo, entrò ne la camera del Porcellio e disse: – La pace d'Iddio sia a questa casa e a tutti quelli che vi stanno. – Cosí dicendo s'accostò al letto e dolcemente salutò il Porcellio, il quale fe' vista di veder assai volentieri il frate. Quivi entrati in varii ragionamenti, il santo frate gli fece intender come l'eccellentissimo signor duca lo mandava e la cagione perché. Dopoi gli disse molte buone parole essortandolo destramente a confessarsi, perché ogni ora che a lui fosse comoda egli era presto a udirlo. Il Porcellio, dopo che ebbe ringraziato de l'umanitá il duca e il frate de la fatica, disse che alora si confessarebbe. Usciti adunque tutti de la camera, cominciò il santo frate con sommissima diligenza a far l'ufficio suo. E, venendo ai peccati de la carne, modestamente il domandò se mai aveva peccato contra natura. A questa interrogazione il Porcellio, in sé raccolto, cominciò con ammirazione fisamente a riguardar il frate, e quasi come se mezzo scandalizzato fosse: – Messere, – disse, – voi mi domandate pur la strana cosa. Che parlate voi? Io non peccai contra natura a la vita mia giá mai. – Il santo sacerdote, vergognandosi d'avergli tal richiesta fatto, passò a l'altre cose, e usata ogni diligenza che seppe perché l'infermo perfettamente si confessasse, poi che vide che il Porcellio non aveva altro che dire, gli diede quella penitenza che gli parve e l'assolse, imaginandosi che la buona moglie fosse in grande errore. Assolto che l'ebbe e fattogli una santa essortazione, volendo partire, gli disse: – Messer Porcellio, io verrò domane a visitarvi, e se altro vi ricordarete io vi udirò e ordinerassi poi che venga il sacerdote vostro parrocchiano a darvi il santo sacramento de l'Eucarestia, a ciò che prendendo il salutifero viatico state in ordine per far quanto piacerá al nostro redentore messer Giesu Cristo, in mano del quale sta la vita e la morte nostra. – Fate voi, – rispose il Porcellio, – ché io tanto farò quanto mi comandarete. – Il buon padre col segno de la santa croce lo benedí e partissi di camera. Come la moglie il vide uscito di camera, cosí fattosegli incontro lo interrogò se il marito era deliberato di piú non peccare contra natura. A cui il santo frate umanamente rispose: – Madonna, voi devete pensare che quando noi udiamo la confessione di chi si sia, o sano od infermo, che noi facciamo tutto il debito nostro, e non appartiene a nessuno a voler intendere ciò che il confitente dica. A noi poi, che siamo dai nostri superiori deputati a udire le confessioni, non sta bene far motto in qualunque modo si voglia di cosa alcuna che detta ci sia, anzi, se noi rivelassimo la confessione, saremmo degni d'esser morti. Ma tanto vi vo' e posso ben ora dire, che voi sète in grandissimo errore de la openione strana che di vostro marito avete. Egli, sia lodato Iddio, non ha punto quel sozzo vizio che voi mi diceste, anzi n'è molto lontano. – La buona femina alora, che sapeva come il fatto stava, piangendo teneramente disse: – Padre mio caro, io non son punto errata né m'inganno, ma il misero di mio marito è quello che inganna se stesso, e si vergogna dire questo enorme peccato. Credetelo a me che io lo so, che egli vi è piú avviluppato dentro che non è il pulcino ne la stoppa. Tornate, padre, di grazia, a riparlargli e non guardate a lui, ché io v'assicuro che egli vi ha detto la bugia. – Bene, madonna, – disse il buon frate, – io ci ritornerò domatina per farlo communicare, e se cosí sará, farò quanto a me conviene. – E cosí, presa da la donna licenza, se ne ritornò a le Grazie. La seguente matina il frate andò a l'infermo e dopo le salutazioni gli disse: – Figliuol mio, io sono ritornato a ciò che questa matina tu riceva il nostro salvatore, come deve far ogni fedel cristiano. Ed a riceverlo, quanto la fragilitá umana comporta, bisogna preparare la mente nostra, che sia degno albergo di tanto oste. Perciò conviene essersi intieramente di tutti i peccati confessato e non celar cosa nessuna al sacerdote. Ieri tu mi dicesti che niente altro avevi a dirmi, ed io son avvertito da buona via che tu per vergogna hai tacciuto un peccato che è in te. Ma egli non si vuole far cosí. Ché se tu avessi messo Cristo in croce e che tu ne sia mal contento di core e te ne confessi, egli sta confitto su la croce con le braccia aperte, e sempre è presto, purché tu voglia, a perdonarti. che, figliuol mio, dimmi liberamente ogni tuo peccato, e secondo che non hai avuto vergogna a commetterlo, non ti verg




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