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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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XXXI.

Li collarini.

Quanno avevo da métte quer rigazzo
Pecchirico a Ssan Chirico e Ggiuditta,1
Fesci2 ar barettinaro: — Padron Titta!
Ciavete3 un collarino da strapazzo?4

 

Lui opre la vetrina de man dritta,
E mme un collarino pavonazzo.
Dico: — Eh sto coso, nun me serv’a un ca..o:
Lo vojjo nero, sor faccia affritta.5

 

Nero? Sapete mo quanto ve costa!?
Neri, a sti tempi, indóve li trovate?
Li neri, mo, bbisoggna fàlli apposta.

 

Mo nun ze6 fanno ppiù de sto colore,
Perché adesso oggnabbate, appena è abbate,
È abbate ippisi-fatto7 e mmonziggnore. —

 

 

 




1 San Quirico e Giuditta, chiesa di Roma. —

2 Dissi. —

3 Ci avete. —

4 Da portarsi ogni giorno, da non tenersi da conto. —

5 Afflitta. —

6 Si. —

7 Ipso facto.




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