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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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XIII.

Li ventiscinque novembre.

 (18 novembre 1831)

Oggiaotto ch’è Ssanta Catarina
Se cacceno le store1 pe’ le scale,
Se2 leva ar letto la cuperta fina,
E ssaccenne er focone in de le sale.

 

Er tempo che farà cquela matina
PeNnatale ha da fàllo tal’e cquale.3
Er bbusciardello4 cosa mette? bbrina?
La bbrina vederai puro a Nnatale.

 

E ccominceno ggià li piferari5
A ccalà da montagna a le maremme,
Cocquelli farajôli tanti cari!6

 

Che bbelle canzoncine!7 Oggni pastore
Le cantò spiccicate8 a Bbettalemme
Ner giorno der presepio der Ziggnore.

 

 

 

 

 




1 Si cavano le stuoie. —

2 Si. —

3 Opinione volgare costantissima, che si ride della esperienza. —

4 Il bugiardello: il lunario. —

5 Abbruzzesi suonatori di pive e cornamuse o cennamelle, che il popolo chiama ciaramelle. —

6 Mantelletti rattoppati, che raramente giungono loro al ginocchio. —

7 Niuno può vantarsi di aver mai inteso ciò che essi cantano. —

8 Tali e quali.




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