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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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XXV.

Li commedianti de cuellanno.

 (2 febbraio 1832)

Ciappizzo:1 Palaccorda2 è la ppiù bbella
De tutti li teatri che ssouperti:
Tra ttanta mucchia3 de sturioni asperti,4
Nun fussantro la Ggiobba e Ccatinella!5

 

Ma un’antra compagnia, come che cquella
Ch’un anno rescitaveno a Llibberti,6
Me ce ggiuco er zalario co’ l’incerti,
Ch’a Rroma tanto nun ze ppiù avélla.

 

Grattapopolo,7 ch’era l’impresario,
Pe’ le parte d’aspèttito8 era l’asso,9
E cciaveva der zuo sino er vestiario.

 

E er zor Nicola Vedovo,10 er tiranno?
Cuanno disceva Oh rrabbia, che fracasso!
Fasceva un strillo che ddurava un anno!11

 

 

 

 

 




1 Ci convengo. —

2 Il teatro di Pallacorda degl’infimi di Roma. —

3 Quantità. —

4 Istrioni esperti. —

5 La Job e Gattinelli: due primi attori. —

6 Teatro delle dame, detto di Alibert, il più vasto di Roma, ma inornato e di cattiva forma. —

7 Raftopolo. —

8 D’aspetto. —

9 Cioè senza superiore: metafora presa dal giuoco della briscola. —

10 Vedova. —

11 Tanto in basso era l’arte della recitazione a que’ tempi! Per chi voglia conoscere a fondo gl’istrioni laceratori di ben costrutti orecchi, che qui mette in canzone il nostro Poeta, gli bisogna leggere la stupenda a operetta del perugino Bonazzi, Gustavo Modena e l’arte sua.




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