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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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LV.

Se more.1

 (20 aprile 1834)

Nun zapéte2 chi è mmorto stammatina?
È mmorto Repisscitto,3 er mi’ somaro.
Povera bbestia, ch’era tanto caro
Da potécce4 annà in groppa una reggina.

 

L’ariportavo via dar mulinaro
Cottre sacchi-da-rubbio de farina,
E ggià mm’aveva fatte una diescina
De cascate, perch’era scipollaro.5

 

J’avevo detto: —Nun me fa’6 la sesta; —
Ma llui la vorze fa’,7 porco futtuto;
E io je diede8 una stangata in testa.

 

Lui fesce allora come uno stranuto,9
Stirò le scianche,10 e tterminò la festa.
Poverello! m’è ppropio dispiasciuto.

 

 

 

 

 




1 Si muore. —

2 Non sapete. —

3 Repiscitto, o ripiscitto, é l’ordinario soprannome che si ai villanelli. —

4 Da poterci. —

5 Cipollaro, aggiunto di cavallo o di asino che abbia vizio d’inciampare. —

6 Non mi fare. —

7 La volle fare. —

8 Gli diedi. —

9 Starnuto. —

10 Le gambe.




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