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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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LIX.

Er negroscopio solaro andromatico.1

 (9 giugno 1834)

Mettèmo da ’na parte, mastro Bbiascio,
L’ascéto che cce noteno2 l’inguille;
Lassamo sta’ la porvere der cascio
Piena d’animalacci a mmill’a mmille.

 

Dove a ggiudizzio mio merita un bascio
Quer negroscopio è ar véde3 in certe stille
D’acqua più cciuche4 de capi de spille,
Créssceve5 tanti mostri adasciadascio.6

 

Questa è la cosa a mme cche mm’ha incantato,
E bbenedico sempre e in oggni loco
Er francesce7 e ’r papetto che jj’ho ddato.

 

Questo è cc’ho ggusto assai d’avé scuperto,
Perché ggià llacqua me piasceva poco,
Ma dd’or impoi nun me la fa ppiù ccerto.

 

 

 

 




1 Il microscopio solare acromatico. Il vocabolo andromatico è quello di cui si vale un certo occhialaio romano, per indicare quella tale specie di lenti. —

2 Ci nuotano. —

3 Al vedere. —

4 Piccola. —

5 Crescervi. Il vi non particella di luogo, ma pronominale. —

6 Adagio adagio. —

7 M.r Lagarrigue, proprietario del microscopio che si mostrava a Piazza di Spagna. Il prezzo d’ingresso era di un papetto, moneta d’argento del valore di una lira italiana e poco più, chiamata così per la piccola effigie del papa che ci si vedeva da una parte.




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