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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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LXXVIII.

Er dilettante de ponte.1

 (29 agosto 1835)

Viengheno: attenti: la funzione è llesta.2
Ecco cor collo iggnudo e ttrittichente
Er prim’omo dell’opera, er pazziente,
L’asso a ccoppe, er ziggnore de la festa.

 

E ecco er professore che sse3 presta
A sservì da scirùsico a la ggente
Pettre cquadrini,4 e a tutti ggentirmente
Je cura er male der dolor de testa.

 

Ma nno a mman manca, no: llantro a mman dritta.
Quello ar ziconno posto è llajjutante.
La proscedenza aspetta a mmastro Titta.5

 

Volete inzeggnà a mmé sta cosa cquane?
Io cqua nun manco mai: soffreguentante;
E er boia lo conosco com’er pane.

 

 

 

 

 




1 Per ponte, detto così assolutamente, intendesi il Ponte sant’Angelo. La piazza sulla quale esso si apre, era uno dei luoghi ove si eseguiva la giustizia contro i malfattori. —

2 È vicina. —

3 Si. —

4 Molto ben pagato è il carnefice, e in qualunque servizio del suo mestiere gode di varii e bei profitti. Si vuole però che l’atto della uccisione del paziente siagli pagato tre quattrini, cioè tre centesimi della lira romana (il papetto), a dimostrare la viltà dell’opera. —

5 Ogni carnefice è dai romani chiamato mastro Titta.




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