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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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CIV.

Certe parole latine.

 (26 settembre 1836)

Una sce n’ho ppur’io guasi1 compaggna.2
Quanno annài cor padron de ziPascifica3
A Terni indóve er marmo se pietrifica,4
E ppo’ a Ssisi5 e a la fiera de Bbevaggna;

 

In chiesa, doppo er canto der Maggnifica,6
Dimannai a un pretozzo de campaggna:
Quer parolone fescimichimaggna,7
Sor Arciprete mio, cosa siggnifica? —

 

L’abbate je pijjò un tantin de tossa,8
Poi disse: — Fescimichimaggna, fijjo,
ddì’ in vorgàre:9 Me l’ha ffatta grossa. —

 

Dico: — E ccosa j’ha ffatto, eh sor curato? —
Oh, ccerti tasti, disce, io ve conzijjo
De nun toccàlli; e cquer ch’è stato è stato. —

 

 

 

 

 




1 Quasi. —

2 Cioè: simile a quella che m’hai raccontato tu. Questo sonetto era forse preceduto da un altro d’argomento analogo, e che si sarà dovuto omettere nell’edizione romana. —

3 Di zia Pacifica. —

4 Allude alle stalattiti delle Marmore. —

5 Ad Assisi. —

6 Magnificat.

7 Fecit mihi magna. —

8 All’abbate gli pigliò un tantino di tosse, cioè finse di tossire per guadagnar tempo, trovandosi impacciato a rispondere. —

9 Vuol dire in volgare.




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