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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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VI.

Li punti d’oro.1

(27 dicembre 1832)

Ccusí vviengheno a ddí2 li ggiacubbini
Ar gran zommo pontescife Grigorio:
— Che tte fai de li stati papalini
Dove la vita tua pare un mortorio?

 

Va,3 e ttupriremo palazzi e ggiardini,
T’arzeremo una statua d’avorio,
Te daremo un mijjone de zecchini,
Te faremo stà ssempre in rifettorio.4

 

Ma er Papa, a sta bbellissima protesta
De palazzi, de statua e mmijjone
Je starispostina lesta lesta:

 

Vojantri me pijjate peccojjone.
Io sempr’ho inteso ch’è mmejjo êsse testa
D’aliscetta che coda de sturione.5

 

 

 




1 Ponti d’oro a chi fugge: proverbio. In Roma però dicono punti, non già perchè in questa maniera si pronunci il vocabolo ponti, ma perchè così dicono. —

2 Così vengono a dire: così press’a poco dicono.

3 Va via. —

4 Refettorio. Giova qui ricordare che Gregorio xvi era stato frate, ed aveva fama di mangiatore e bevitore straordinario. —

5 Proverbio.




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