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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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VII.

Er giucator de pallone.1

(31 gennaio 1833)

Ar Bervedé cc’è ppoco.2 Er Papa vola,
Che ppevvolate3 manco Ggentiloni.4
Ma in partita è ttareffe,5 e ffa cciriola,6
Ché li falli so’ assai piú de li bbôni.7

 

Che sserve che nnoi poveri cojjoni
Je seggnamo le cacce?8 A cquella scôla
De mannà ssempre a sguincio9 li palloni,
Si llimpatti è, pper dio, grasso che ccola.10

 

Ggiuchi a ppassa-e-rripassa, o ccor cordino,11
llui solo l’inviti e le risposte,12
E vvô sta’ ssempre lui sur trappolino.13

 

Cuann’è all’onore poi,14 fa ccerte poste,15
Scerte finte,16 c’a ess’io Tuzzuloncino,17
Je darebbe er bracciale in de le coste.

 

Ne le partite toste,18
O mossce,19 lui s’ingeggna, (nun ridete!)
Cor vadi e vvienghi, e cquale la volete.20

 

Tira sempre a la rete21
Cuann’è in battuta, e nnun fa mmai un arzo
O rribbatti de primo o dde risbarzo.22

 

Ar chiamà,23 cchiama farzo;
E ssi er quinisci24 penne25 da la tua,
Procura de tornà ssempre a le dua.26

 

Ha una regola sua
Oggni tanto de dà’ ffôra una messa,27
Peffàtte ariddoppià la tu’ scommessa:

 

E cco’ sta jjoja28 fessa,
Qualunque cosa er cacciarolo29 canti,
Cce dàne er farzamento30 a ttutti cuanti.

 

 

 




1 Sotto il velo allegorico delle astuzie usate nel gioco del pallone, si adombrano in questo sonetto gl’infingimenti e le male arti di Gregorio xvi. — Fu stampato nell’edizione romana, sostituendo nel primo verso il nome di Tosto, giocator di pallone, a quello di Papa, e mutando parecchie altre parole. — Le note son tutte dell’autore. —

2 Manca poco al vedersi gli effetti. Notisi che quel modo proverbiale è tolto dal Belvedere, luogo sotto al Museo Vaticano, dove fino agli ultimi anni si giuocava al pallone. —

3 Volare, volate, cioè iattanze, sfoggio di vane promesse. Al giuoco di pallone si dice volare e far volate il mandare di prima battuta i palloni oltre i termini estremi della palestra. —

4 Rinomato giuocator di battuta, o battitore. —

5 Fallace. —

6 Far ciriola: intendersi segretamente cogli avversarii in fraude di chi è con lui o tiene dalla sua. —

7 Dicesi fallo o buono, secondochè il pallone trapassi o no le linee che limitano o partono l’arena. —

8 Le cacce sono quei punti, sui quali un giuocatore di rimando ha arrestato in qualunque modo un pallone; si che non trascorra più lungi: ciò che egli si sforza di eseguire il meno discosto che può dalla battuta di dove egli stesso è obbligato ad oltrepassare quel segno, onde vincere quel giuoco. Segnar le cacce significa notare gli altrui mancamenti. —

9 A sghembo. —

10 È, cioè, il maggior de’ successi. —

11 Il giuoco a passa-e-ripassa è quello in cui si conviene di non dovere che oltrepassare la linea media della palestra. Quello poi col cordino consiste nel superare una corda attaccata in alto e attraversante l’arena in sito e direzione parallela alla detta linea media. —

12 L’invito è una specie di scommessa fra giuocatori, che vinta o perduta da ciascuna delle parti avversarie, le raddoppia il successo favorevole o contrario della partita. — La risposta è l’accettazione o il rifiuto dell’invito, con certe regole che qui sarebbe inopportuno e lungo il riferire. —

13 Tavolato inclinato, dal quale discende il battitore nel battere, onde il colpo prenda più vigore dall’urto del corpo in discesa. —

14 All’onore: così gridasi dal chiamatore o cacciarolo al principiarsi dell’ultima partita. —

15 Poste: palloni colpiti in aria, prima cioè che abbino toccato terra: ciò che sarebbe di balzo. —

16 Finte: astuzie di giuoco. —

17 Tuzzoloncino: giuocatore rinomato per la sua forza, e detto Tuzzoloncino da tuzzare o percuotere. —

18 Partite di dura prova. —

19 Il rovescio della nota 18. —

20 Formule d’invito o accettazione, di che vedi la nota 12. —

21 In fondo all’arena è un palchettone coperto da una rete che difende gli spettatori. Chi percuote in quella, o al disopra indeterminatamente, fa volata. Vedi la nota 3. —

22 Vedi la nota 15. —

23 Il chiamare è dire ad alta voce il numero de’ punti de’ quali si è in guadagno. —

24 Il quindici, ossia una quarta parte della partita, che si divide in quindici, trenta, quaranta e cinquanta. Ciascuno di questi quattro numeri dicesi un quindici. —

25 Pende: inclina.

26 Quando entrambi gli avversari, fatti nella partita pari guadagni, sono giunti egualmente a 40, cioè al terzo quindici, si torna alle due, cioè si retrocede al punto anteriore, cioè al trenta, vale a dire si torna a passar due volte per quel grado, onde la partita abbia più probabilità di eventi, e non termini di un sol colpo al 50, che n’è il fine. —

27 Messa: posta pecuniaria delle scommesse. —

28 Joia, cosa lunga e noiosa. —

29 Il chiamatore del giuoco. —

30 Falsamento: canzonatura.




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