- SONETTI CONSERVATI DALLA TRADIZIONE POPOLARE
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IX.
Er
prestito.1
(1833)
—
Ma eh? Gessummaria! che
monno tristo!
Si sse2 vedesse fa’ a li ggiacubbini,
Va bbè;3 ma er Papa ha da pijjà cutrini
Da un omo c’ha ammazzato Ggèsucristo!
Uh! rriarzasse la testa Papa Sisto,
Ch’empí zzeppo Castello4 de zecchini:
Ve direbbe: —Ah ppretacci malandrini!
C’era bbisogno de sto bbell’acquisto?
Nun ciavete perdìo tanta de zecca,
Da cugnà mmille piastre ’ggni minuto,
Senza fàlli5 vení fin da la Mecca?6
E cco’ ttutto sto scannalo futtuto,
Maneggiate a ssan Pietro la bbattecca,7
Pe’ bbuggiarà la ggente senza sputo! —
1 Questo sonetto
allude, come l’antecedente, al prestito rovinoso contratto dal Governo
pontificio con Rotschild; ma ci mancano testimonianze che sia del Belli.
2 Se si.
3 Va bene: sarebbe men male.
4 Castel sant’Angelo.
5 Farli. Il li
si riferisce a cutrini, non a piastre. Per questa
ragionevole sgrammaticatura, si veda la nota 5 al Sonetto Er deposito de
papa Leone.
6 Qui Mecca sta per qualunque paese
lontano e d’infedeli.
7 La bacchetta con cui dallo
sportello del confessionale i penitenzieri maggiori di San Pietro, e d’altre
chiese privilegiate, toccano leggermente la testa ai baciapile che
s’inginocchiano davanti a loro, per essere assolti così a buon mercato dai
peccati veniali.
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