- SONETTI CONSERVATI DALLA TRADIZIONE POPOLARE
- XX. Er civico de corata. (1837)
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XX.
Er civico de
corata.1
(1837)
—
Stamo2 immezz’a ’na macchia,
Caterina,
E nnò in d’una scittà ddrent’a le mura.
T’abbasti a ddí’ cch’a Ssan Bonaventura
Me sciassartònno3 a mmé jjer’a mmatina.
Pavura io?! de che! Ppe’ cristallina!
Un omo solo m’ha da fa’ ppavura?
M’aveva da pijjà senza muntura
Lui, e ppoi ne volevo una duzzina.
Quanno me venne pe’ investí, me
venne,4
Io pe’ la rabbia me sce fesce5 rosso;
Ma ccosa vôi!6 nun me potei difènne’.7
E archibbuscio, e ssciabbola, e
bbainetta!...
Co’ sta bbattajjerìa8 d’impicci addosso,
Com’avevo da fa’, ssi’9 bbenedetta?10
1 Coraggioso. —
2 Stiamo. —
3 Mi ci
assaltarono. —
4 La variante popolare è più naturale: Quanno
me venne p’assartà, me venne. —
5 Mi ci
feci. —
6 Vuoi. —
7 Difendere. —
8 Con questa batteria, quantità. —
9 Che tu sia, ec. —
10 Questo sonetto
fu pubblicato nella raccolta del Salviucci (vol. iv, pag. 357), e porta la data del 25
Aprile 1837; laonde è chiaro che si riferisce alla guardia civica di quel
tempo, e non a quella del 1848, come comunemente si crede. Il Belli, secondo
che noi abbiamo dimostrato, si tenne nel più assoluto riserbo durante gli
avvenimenti del ’48 e del ’49. Tuttavia è probabile che questo sonetto tornasse
alla mente dei più, nel vedere la grave uniforme della guardia civica del 1848.
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