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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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XIX.

La spia.

 (7 gennaio 1832)

Che arte fate mo, vvoi, sor Ghitano?
Fate er curier de corte,1 o la staffetta?
Fate er zoffione, er pifero, er trommetta,
L’amico, la minosa, o er paesano?2

 

Quanno stavio a abbità ttra Rruff’e Ffiano,3
Ve volevio bbuttà ggiù da Ripetta;4
E mmo pportate ar petto la spilletta,
Du’ lumache5 a la panza, e ’r pomo immano.6

 

Che cc’è a ppiazza Madama,7 ch’è da maggio
Ch’ogni ggiorno l’avete pe’ ccustume
D’annàcce a ffa’ ttra er lusco e ’r brusco8 un viàggio?

 

Nun alzàmo però ttutto sto fume,
Per via ch’er Vicoletto der vantaggio,9
Sor Cavajjere mio, riesce a ffiume.

 

 

 

 

 




1 Corte per birraglia. —

2 Otto sinonimi di spia.

3 Quando facevate il ruffiano. Ruffo e Fiano, due palazzi di Roma. —

4 Porto sul Tevere. Intendi: «Volevate annegarvi, disperato pei magri affari che vi capitavano». —

5 Oriuoli da tasca. —

6 Con in mano il bastone guarnito di pomo di argento. —

7 V’era il palazzo della polizia. —

8 Sull’imbrunire del giorno. —

9 Una delle vie di Roma, che dal Corso traversando Ripetta fa capo al Tevere.




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