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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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VIII.

Er zervitore de monziggnor tesoriere.

(1833)

Ma ssai c’ha riccontato oggi er padrone?
Che avenno inteso er gran ebbreo Roscilli1
C’ar monte sce ballaveno li grilli,2
Ha ddato ar Papa in prestito un mijjone.

 

Accusí ’gnuno avrà la su’ penzione,
E nun ze3 sentiranno tanti li strilli;
Chè a sto paese cqui, tutto er busilli
Sta in ner campà a lo scrocco e ffa’ orazzione.

 

È proprio un gran miracolo de Ddio,
Che pe’ sspìgne’ la Cchiesa a ssarvamento,
Abbi toccato er core d’un giudìo.

 

Er Papa ha fatto espóne er Zacramento,
Pe’ rringrazzià Ggesú bbenigno e ppïo,
Che ccià4 ssarvato ar zessantun pe’ ccento!5

 

 

 




1 Rotschild. —

2 Per intendere la satira mordace di questo verso, bisogna sapere che a Roma v’è un Monte detto de’ depositi (annesso a quello di pietà), che riceve danaro in deposito senza pagarci interessi, anzi esigendo una tenue ricompensa dai depositatori, ad ogni richiesta de’ quali si obbliga di restituirlo. Il Governo pontificio, morale com’è, fece più volte tabula rasa nella cassa di codesto sacro istituto, ed è facile immaginare lo scandalo che ne nacque. Sce ballaveno li grilli (ci ballavano i grilli) significa, appunto che era piazza pulita: equivale alla frase italiana ci ballavano i topi.

3 Si. —

4 Ci ha. —

5 Gl’interventi stranieri, lo arruolamento e l’ordinamento delle truppe svizzere, le commissioni militari, le polizie costarono enormi spese, durante tutto il regno di Gregorio: si fecero prestiti rovinosi, uno de’ quali con Rotschild al 65 per cento; e quantunque le tasse crescessero, si ebbe una deficienza annua di cinque in seicentomila scudi almeno; ed il debito pubblico, regnante Gregorio, crebbe di ventisette milioni di scudi. L’amministrazione del Tosti tesoriere fu un vero disastro. Nessuno accusa di inonestà lui rimasto povero, ma tutti lo rendono in colpa di inesperienza e scioperataggine: l’erario impoverì: il disordine crebbe: molti in Roma traricchirono per usure, per appalti pubblici, per lavori fatti dal Tosti, come dicono, economicamente. Di un decennio della sua amministrazione non si è mai potuto fare e dare un vero rendiconto. Un Galli computista della reverenda Camera arruffò cifre, e diede ad intendere di averlo compiuto; ma la fu polvere gettata negli occhi. (Farini: Lo Stato romano dall’anno 1815 al 1850, vol. I, cap. XI.) In tale condizione di cose, s’immagini ognuno quale effetto producesse questo sonetto del Belli.




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