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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1304. Li debiti

 

Nun 1 mmorto: 2 stato un anno e mmezzo
carcerato pe vvia d’un creditore
che ddoppo avemme limentato3 un pezzo
m’ha abbandonato con mi’ gran dolore.

 

Io a sta vita sce 4 ttanto avvezzo,
c’oggni vorta che in grazzia der Ziggnore
faccio un debbito novo e ariccapezzo
de tornà ddrento, me s’allarga er core.

 

Che vviggna! maggnà e bbeve5 alegramente
a ttutta cortesia de chi ttavanza:
dormí6 la notte, e ’r giorno nun 7 ggnente:

 

stà8 in tanti amichi a rride9 in d’una stanza,
o a la ferrata10 a cojjonà la ggente...
Ah! er debbituccio è una gran bella usanza!

 

17 giugno 1834

 




1 Sono.

2 Sono.

3 Avermi alimentato. Si allude agli alimenti che un creditore è tenuto a somministrare al suo prigioniero.

4 Ci sono.

5 Bere.

6 Dormire.

7 Fare.

8 Stare.

9 Ridere.

10 Inferriata.

 

 






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