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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1415. 1835

Scritto a richiesta della P.ssa Zenaide Volkonski per presentarsi da lei al Cav. Miniato Ricci la notte dal 12 al 13 Gennaio, nell’ingresso cioè dell’anno russo, vecchio stile.

 

Quanno che llanno nostro è ggià sfornato,
avanti ch’in Moscovia s’arisforni
disce c’hanno da stà ddodisci ggiorni
per avello ppiú assciutto e bbiscottato.

 

Questa nun zapería sor don Miggnato,
s’è una carota pe ggabbà li ssciorni.
Però, ss’è vverità, ppare che ttorni
propio stanotte cqui stanno ssciancato.

 

Dunque io viengo a pportà li comprimenti
e l’ugúri dell’anno cacanido
a cquellantro che ggià mmette li denti.

 

E vvoi, sor Ricci, pe la bbocca mia
de tutt’e ddua gradìtene uno spido
come de tordi grassi, e accusì ssia.

 

Questo non entri nella raccolta, perché troppo insipido, e perché contrario allo spirito di essa, siccome l’altro qui dietro. Brutto strafalcione da restar sepolto per omnia saecula saeculorum.

 

 




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