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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1445. Er fistino de la Bbanca Romana1

 

Venite tutti quanti attorn’a mmé
si2 vvolete sentí la novità
der gran fistino in abbito bijjè3
ch’è stato dato da monzú Cciufrà.4

 

Pareva una bbottega de caffè.
C’era tutto lo scol5 de la scittà.
Le foristiere staveno da sé.
Le romane nun vorzeno6 bballà.

 

A mmezzànotte fu vviduta uprí
la porta der zalon dell’ammicú,7
e le donne se fesceno8 serví.

 

Doppo le donne entrorno li monzú:
e cquanno tutto er popolo partí,
disse Sciufrà: «Nnun me sce pijji ppiú».9

 

20 gennaio 1835

 




1 Nella sera di lunedí 19 gennaio 1835.

2 Se.

3 Habillé.

4 Il marchese Jouffroy, presidente della Banca Romana.

5 Scolo.

6 Non vollero.

7 Ambigu.

8 Si fecero.

9 Parve che restasse malcontento del piccolo concorso di nobiltà romana distinta e del minore di cardinali di Santa Chiesa, pel quale ultimo motivo se ne ritrassero anche i prelati che vi erano intervenuti. I piccoli guardano sempre in su.

 

 






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