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- 1463. La cratura in fassciòla
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1463. La cratura in fassciòla
Bbella
cratura! E cche ccos’è? Un maschietto?
Me n’arillegro1
tanto, sora Mea.
Come se2 chiama? Ah, ccom’er nonno: Andrea.
E cche ttemp’ha? Nnun piú?! Jjeso! eh a l’aspetto
nun
mostra un anno? Che ggran bell’idea!
Quant’è ccaruccio llí cco cquer cornetto!3
Lui mó sse penza de succhià er zucchietto,4
la ghinga,5 o er cucchiarin de savonea.
Vva’,
vva’, vva’,6 ccome fissa la sorella!
Nun pare vojji dijje7 quarche ccosa
co cquella bbocchettuccia risarella?
Nun
ho mmai visto un diavoletto uguale.
Dio ve lo bbenedichi, sora sposa,
e vve lo facci presto cardinale.
26 gennaio 1835
1 Me ne rallegro.
2 Si.
3 Si suole appendere al petto
de’ bambini, mercé una catenella di argento, un cornetto o di pietra dura o di
corallo, che eglino vanno sempre tenendosi per la bocca e biascicando. Così
pure vi si aggiunge un cerchiolino d’avorio, detto volgarmente la sciammella
(ciambella), sul quale i bambini si arruotano le gengíe verso il tempo
della dentizione. Alcune madri uniscono a tuttociò un campanelluzzo di argento.
4 Zucchero involto e legato entro un pezzetto di
pannolino.
5 Mammella.
6 Come
dicesse: «ve’, ve’, ve’,».
7 Voglia dirle.
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