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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1603. Le seccature1 der primo piano

 

Disce: «Nina è bbussato, annàt’a uprí».2
Io me finisco d’allaccià er corzè,
curro a la porta e ddimanno: «Chi è?».
Disce: «Amici». «Chi vvò?». Disce: «Er Balí».

 

Dico: «Uhm, sto coggnome cqua nun c’è».
Disce: «Ma ccome! m’hanno detto cqui».
Dico: «Fratello, cosa v’ho da ?
si mmai nu lo conoscheno3 ar caffè...».

 

Disce: «Scusate»; e sse n’annava4 ggiú.
Dico: «Ggnente, ma, pss, sentit’un po’,5
dico, eh quell’omo, aritornate su».

 

Dico: «È un francese chi ccercate?» «»,
disce: «è romano». «Ah, ccredevo un monzú»,
dico; «ma, o ll’uno o llantro,6 io nu lo so».

 

28 agosto 1835

 




1 Le noie, gl’incomodi.

2 Andate ad aprire.

3 Se mai non lo conoscono, cioè: «Seppure non lo conoscessero», ecc.

4 Se ne andava.

5 Sentite un poco.

6 O l’altro.

 

 






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