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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1608. Le speranze de Roma

 

Nun ho inteso; scusate, sor Pasquale:
de le vorte1 sto un po’ ssopr’a ppenziero.
Che mme discévio?2 Ah, ssi aricàla er zale?3
Eh, ddicheno de ; ma ssarà vvero?

 

VolessIddio! Ma una furtuna uguale
io pe la parte mia poco sce spero.
Eppoi ggiú ne lo spaccio cammerale
inzin’a cqui nnun ze n’è ddetto un zero.

 

Che jje n’importa un cazzo de la pila4
de la povera ggente a li Sovrani
che cconteno le piastre a ccento-mila?

 

Anzi, cciànno5 dato le missione;6
e, ddopo er giubbileo, pe li romani
pe ssolito c’è ssempre er zassatone.7

 

30 agosto 1835

 




1 Talvolta.

2 Che mi dicevate?

3 Se il sale cala nuovamente di prezzo.

4 Della pignatta.

5 Ora ci hanno.

6 Le missioni spirituali.

7 La sassata. Infatti, tra il detto giubileo e la processione di penitenza, di cui vedi il Sonetto.... fu aumentata del doppio la dativa reale: e ciò senza editto, ma per via di semplice circolare ai pubblici percettori.

 

 






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