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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1652. Le chiamate dell’appiggionante

 

«Sora Sabbella1 «Êe». «Ssora Sabbella,
affacciateve un po’ ssu la loggetta».
«Eccheme:2 che vvolete sora Bbetta3
«Ciavéte4 una piluccia5 mezzanella

 

«Ciò6 cquella de la marva».7 «Ah, nnò, nnò cquella».
«Eh, nun ciò antro,8 fijja bbenedetta».
«Bbe’, imprestateme dunque un fil d’erbetta,
un pizzico de spezzie e una padella

 

« vve le calo ggiú ccor canestrino».
«Dite, e mme date uno spiechietto d’ajjo,
un po’ d’onto e una lagrima de vino

 

«Ma ffamose a ccapí,9 ssora Bbettina,
a ppoc’a ppoco voi, si10 nun me sbajjo
me sparecchiate tutta la cuscina».

 

16 settembre 1835

 




1 Isabella.

2 Eccomi.

3 Elisabetta.

4 Ci avete, cioè semplicemente avete.

5 Un pignattino.

6 Ci ho: ho.

7 Della malva.

8 Non ci ho altro: non ho altro.

9 Ma facciamo ad intenderci.

10 Se.

 

 






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