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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1703. Er medico de l’Urione1

 

«Ôh ssor dottore». «Ebbene? l’ammalata
«Eh, un’ora fa mme la vvista bbrutta».2
«Perché?» «Pperché ssera intisíta3 tutta».
«Niente: un poco di febbre risaltata».

 

«L’ha presa quella roba?» «L’ha ppijjata».
«Brava. E... dicevo... il vescicante?» «Frutta».
«Bene. Dov’è l’orina?» «Uh! ll’ho bbuttata».
«Ma, figliuola, l’orina, non si butta».

 

«Nun penzi: da cqui avanti je la lasso».
«Brutta lingua!». «Ce er vommitativo
«Stiamo a vedere come va da basso».

 

«E cquanno lo dirà?». «Quando ritorno».
«Tratanto posso fajje un lavativo
« Fatelo. E ci vedremo un altro giorno».

 

8 ottobre 1835

 




1 Il medico del Rione. Ogni rione ha professori e medicamenti pagati dal Governo per soccorso de’ poveri. Ma i poveri! miseri poveri!

2 Mi sono assai sbigottita.

3 Si era tutta irrigidita nelle membra.

 

 






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