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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1771. [Er còllera mòribbus]

23°

 

Io me 1 stato zzitto inzinadesso
pe ffà pparlà sta bbella compaggnia.
vvojjo crede che mme sii promesso2
doppo quelle dell’antri3 er 4 la mia.

 

Volenno arraggionà, stammalatia,
ciovè sta colla-morbida, a un dipresso
pe cquer che ssento pare che ssia
un’usscita che vvadi pe ssuccesso.5

 

Bbè, la diarella,6 ossii la cacarella,
tutti sanno che vviè7 da debbolezza
d’intestibbili8 oppuro9 de bbudella.

 

Quanno sta verità ss’è bben capita,
o er male nun ze piija,10 o ssarippezza11 cona bbona fujjetta12 d’acquavita.

 

8 settembre 1835

 




1 Mi sono.

2 Ora voglio credere che mi sia permesso.

3 Degli altri.

4 Il dire.

5 Che vada per secesso.

6 La diarea.

7 Che viene.

8 Di intestini.

9 Oppure.

10 Non si piglia.

11 Si rappezza, si rimedia.

12 Foglietta.

 

 






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