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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1788. Er fervorino de la predica

 

Ner fervorino, a sserví bbene Iddio
e inziememente1 sparaggnasse2 er fiato,
sapete che sse3 fa, ppadre curato?
Nu lo sapete? Ve l’inzeggno io.

 

Se comincia a strillà: «Ppopolo mio,
eccolo cqua, cquer Cristo disgrazziato.
Lo vedete si4 ccome è ddiventato
che nun pare ppiú llui?». E sto pío-pío5

 

s’allonga inzino che la ggente piaggne.
Allora abbasta a spalancà la bbocca
e cco le bbraccia a ffà spazzacampaggne.

 

Accusí er prete, che nun è ccojjone,
scanza fatica; e cquela ggente alocca
li verzacci6 li pijja pe rraggione.7

 

6 febbraio 1836

 




1 E insieme.

2 Risparmiarsi.

3 Si.

4 Se.

5 Questo cicaleccio.

6 Versacci per «visacci», «gestacci sconci».

7 Li piglia per ragioni. Così usava il R.mo Missionario apostolico Monsign. Giardoni. Allorché il popolo compunto gridava Misericordia, egli continuava la mimica di braccia e di bocca; e il popolo diceva: è vero, Gesù mio, è vero.

 

 






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