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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1836. Li pinitenzieri de San Pietro1

 

Me sce ttrovo io2 quanno a Tturlonia
quer zampietrino vecchio cor braghiere
j’ha detto: «Vede lei sor cavajjere?
questo è ir confessionario de Pollonia».3

 

Er Duca allora j’ha rrisposto, Antonia:
«Perché è cchiuso e nun c’è ppinitenziere?».
Disce: «Perché cquellanimacce nere
nun vengheno ppiú a ffà sta scirimonia.

 

E cche! llei nu lo sa che li Pollacchi
fino dar trenta nun ppiú ccristiani?
Ma lassammò a Ddio e a li cosacchi».

 

Disce: «E quello chi è?» «Ppadre Francesco
Sgraffígner, de li Frati Livetani,4
che sta ar zuposto a sbatteccà5 in todesco».6

 

31 marzo 1836

 




1 Ogni lingua d’Europa ha il suo apposito confessionale, contrassegnato con iscrizione in metallo. In ciascun confessionale poi si annicchia un penitenziere, con davanti una lunga verga, o altrimenti bacchetta, investita della virtù di cancellare ipsofacto i peccati veniali ad ogni picchiata sul capo del peccatore che si presenta genuflesso a quella facile espiazione. Pei peccati mortali non la va cosí a buon mercato.

2 Mi ci sono trovato io.

3 Pro polonica lingua.

4 Olivetani.

5 A sbacchettare.

6 Pro germanica lingua.

 

 






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