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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1845. Er male compenzato dar bene

 

Eppoi nun ho da cquanto sei fessa!1


Tu ffídete2 de , cche de raggione
sopr’a la nostra santa riliggione
ne saperà ppiú un prete c’un’ostessa.

 

E ddon Narciso jerassera stessa
m’ha ddetto in cammerino der Farcone3
che cqualunque peccato ha rrimissione
pe li meriti soli d’una messa.

 

Pe una messa se smove4 er paradiso;
e un angelo mmette5 mille diavoli
com’e rrigajje6 in un timbàl de riso.

 

Dunque coraggio; eppoi co ppochi pavoli
famo7 cantà una messa a ddon Narciso,
e ssarvàmo8 la capra co li cavoli.

 

3 aprile 1836

 




1 Testarda.

2 Fidati.

3 L’osteria del Falcone.

4 Si muove, si commuove.

5 Può mettere.

6 Regaglia: viscere di polli in guazzetto.

7 Facciamo.

8 Salviamo.

 

 






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