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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1942. La commuggnon1 de bbeni

 

Ve s’aricorda a vvoi de quer misciotto,2
de quello scannataccio3 verd’e mmezzo4
c’aggnéde5 via dar cardinal Arezzo
pe ggrattapanza,6 ggiucatore e jjotto?7

 

, cquer busciardo.8 Ebbè, ssàbbit’a otto
me se9 presenta cqua ttutto d’un pezzo,10
e mme disce onto onto:11 «Ch’edè12 ir prezzo
di sti granelli?» «Ôh, avete vint’al lotto,

 

che vve vedo in lumaca?»,13 je fesc’io.14
Disce: «Zzh».15 Dico: «State accommidato?».16
E llui: «Bbasta accusí: ccampo der mio».

 

«Nun zervantro,17 munzú», ddico: «ho mmaggnato.18
Vita cummune come piasce a Ddio.
Me n’accorgo dar brodo ch’è stufato».

 

27 maggio 1837

 




1 Comunione.

2 Miciotto, miciottello: meschino, male in arnese.

3 Disperataccio.

4 Squallido, lurido. Mézzo, cioè «vizzo», si pronunzia con le zz aspre come vezzo.

5 Che andò.

6 Poltrone.

7 Ghiotto.

8 Bugiardo.

9 Mi si.

10 Ritto ritto.

11 Con affettata disinvoltura.

12 Che è.

13 Orologio.

14 Gli dissi io.

15 No.

16 Siete a servizio?

17 Non serve altro.

18 Ho compreso.

 

 






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