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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1953. Le maggnère che ttúfeno1

 

No; ssi ffussi venuto, disce:2 «Nino,3
m’impresti un giulio? m’arigali un grosso?»,
io je lo davo; perch’io, quanno posso
un zervizzio,4 lo fo, ssor Giuacchino.

 

Ma cquer véde5 uno che tte zzompa6 addosso,
disce: «Sscirpa,7 per dio!, cqua sto lustrino»,8
che sserve?,9 io me sce sento un rosichino10
che staría quasi pe sputacce11 rosso.

 

Guarda che bbellusanze bbuggiarone!
Protenne12 li quadrini da la ggente
senza chièdeli13 prima co le bbone!

 

Una vorta stazzione14 da villani
l’usaveno dusceti15 solamente:
l’assassini de strada e li sovrani.

 

11 giugno 1837

 




1 Le maniere che spiacciono.

2 Se fosse venuto e avesse detto.

3 Giovanni.

4 Fare un piacere.

5 Ma quel vedere.

6 Ti salta.

7 Vedi la n. del Son...

8 Mezzo paolo d’argento.

9 In poche parole, insomma, assolutamente, ecc.

10 Stizza.

11 Starei quasi per sputarci.

12 Pretendere.

13 Chiederli.

14 Queste azioni.

15 Due ceti.

 

 






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