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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1971. L’aspèttito de la ggiustizzia

 

Quanno a vventora e ppiú monziggnor Ciacchi1


vedde2 ch’er reo, pe li su’ ggiusti fini,
voleva annà a mmorí ccom’e Ttarghini,3
e cche ttutti li preti ereno stracchi,

 

lassò in ner mezzo una partita a scacchi,
e annò a ddí ar Papa: «Sa? cquer Venturini,
co ttutto San Giuvan de Fiorentini,4
è inutile a sperallo che ssabbacchi».5

 

Er Zanto Padre a sto tremenno avviso,
cacciòna chiave maschia da l’interno
d’un bussolotto, e stiede6 un po’ indisciso.

 

Poi, pe un impurzo7 der zucor paterno,
riponenno er chiavon der paradiso
disse: «Tar8 sia de lui: vadi9 a l’inferno».

 

25 gennaio 1838

 




1 Governatore di Roma.

2 Vide.

3 Giustiziato anni prima, per delitti commessi con mandato della società occulta de’ carbonari e morto impenitente assieme a Leonida Montanari.

4 Non ostante San Giovanni, ecc. Questa è l’archiconfraternita che assiste i condannati al supplizio.

5 Che si raumili, che ceda.

6 Stette.

7 Impulso.

8 Tal.

9 Vada.

 

 






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